Giornale dell’Umbria, inizia l’aumento di capitale ma i giornalisti sono in sciopero

PERUGIA – Mentre inizia l’aumento di capitale del Giornale dell’Umbria, il quotidiano di via Monteneri non è in edicola, e non lo sarà neanche domani. Sono infatti due le giornate di sciopero proclamate da giornalisti e poligrafici del giornale, al centro di una vertenza complicata e delicata. L’ultimo atto è una lunga nota del Comitato di redazione e del personale poligrafico, i quali esprimono profonda preoccupazione per lo stato di salute del giornale.

Una nuova mobilitazione motivata dal “permanere di una difficilissima situazione economico-finanziaria, gestionale e organizzativa della testata (che sempre più spesso conduce a carichi di lavoro eccessivi a scapito della qualità)”. Superando le consuete scadenze infatti “non sono pervenuti né gli stipendi di novembre né le tredicesime maturate, mentre si fa sempre più concreto il rischio di non percepire neppure le retribuzioni di dicembre il prossimo mese di gennaio”. Si parla delle scelte della proprietà “che non fanno altro che assestare duri colpi alla credibilità di una testata che, anche grazie al duro, responsabile e appassionato lavoro quotidiano del personale si era conquistata nel tempo un ruolo e una immagine assai apprezzati nel panorama informativo regionale”. Si ripercorrono poi tutti quei fatti che vengono definiti “censurabili” e che hanno progressivamente depauperato il giornale “da un punto di vista delle risorse umane impiegate, dei contenuti e dei risultati economici. E anche dell’immagine. La proprietà ha rinunciato formalmente, pur in una situazione difficile, ad introitare i contributi pubblici per il 2015; contributi ai quali è però legata la corresponsione dei nostri stipendi che non arrivano”.

Cdr e poligrafici continuano a denunciare poi la mancanza di un piano industriale ed editoriale, che sta portando ad una situazione prossima al “punto di non ritorno”. “Auspichiamo – dicono – la massima sollecitudine e vigilanza da parte degli organismi preposti in merito all’erogazione del contributo pubblico 2014, vitale per il pagamento degli stipendi. Chiediamo che, di fronte a tale situazione, l’editore, la presidenza e il management dell’azienda, si assumano in modo chiaro e definitivo le proprie responsabilità. Esprimiamo altresì profondo rammarico e forti perplessità per gli esiti della vendita della testata condotta nell’agosto scorso dalla precedente proprietà, visti gli accadimenti di questi mesi. Chiediamo attenzione e vicinanza da parte delle istituzioni locali, del mondo dell’impresa regionale e delle sue associazioni di rappresentanza, di tutte le forze politiche e sociali e dei cittadini umbri che hanno a cuore la pluralità delle voci informative di questa regione e la sopravvivenza di un giornale che non merita di morire”

La solidarietà è arrivata dal consigliere regionale Andrea Smacchi, che sta seguendo con molta attenzione la vertenza. “Il protrarsi di questa lunga crisi al Giornale dell’Umbria – spiega Smacchi – accompagnata da situazioni difficili in altri contesti, come per esempio quello delle emittenti radiotelevisive umbre, rende ancora più attuale la necessità di un monitoraggio attento di questo ambito da parte della Regione Umbria. La crisi dell’informazione non è infatti solo una questione di mercato o occupazionale, nonostante i lavoratori paghino il pezzo più alto; la questione riguarda democrazia e partecipazione. In questo contesto – continua Smacchi – si rende ancor più necessaria una valutazione attenta dei cambiamenti in questo particolare e fondamentale mondo. Consapevole dunque dell’importanza e della delicatezza del settore, dopo l’interrogazione sul “caso Giornale dell’Umbria”, con la ripresa delle attività dopo le festività natalizie, avvierò in Prima commissione una serie di audizioni con gli organismi della categoria e i rappresentanti del mondo dell’informazione. L’obiettivo è quello di fotografarne lo stato di salute e valutare possibili iniziative utili a salvaguardare il pluralismo dell’informazione, fondamentale in una buona democrazia”.

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