I due occidenti

di Pierluigi Castellani

“ Si potrebbe dire che l’Occidente emigrato in America con i padri pellegrini,sbarcati a Plymout Rock nel 1620, oggi deve tornare in Europa per aprirsi ad una più vasta dimensione del mondo e formarsi una coscienza globale”. Scrivevo così – mi si perdoni questa mia autocitazione – dodici anni or sono terminando un mio breve saggio sul pericolo dell’esistenza di due Occidenti, quello rappresentato dall’Europa e quello interpretato dalla cultura neoconservatrice americana. Ora con l’annuncio fatto da Donald Trump dell’abbandono degli accordi di Parigi sul clima sembra ancora di attualità l’interrogativo circa l’esistenza di due Occidenti , chiedendoci altresì se, ad esempio, quello che sta interpretando  l’America di Trump, non solo rinnegando le politiche ambientali ma anche con le sue posizioni isolazioniste ed unilateraliste emerse anche di recente al summit di Taormina, sia ancora possibile annoverare come l’Occidente, ai cui valori l’Europa -pur nelle difficoltà che conosciamo- cerca di ispirarsi. Leggiamo di continuo che il terrorismo islamico, che ha colpito ancora una volta Londra, vuole fare la guerra all’Occidente e cancellare i suoi valori quasi che esista un solo Occidente o meglio che i valori cosiddetti occidentali siano da tutti fedelmente affermati. Del resto dopo l’esito non felice del G7 di  Taormina la cancelliera Angela Merkel ha in modo ruvido risposto a Trump indicando all’Europa la strada autonoma da seguire per rispondere alle grandi sfide di questo secolo. L’Europa , ha detto in sostanza la leader tedesca, deve provare a fare da sé interpretando al meglio quei valori, che sono stati alla sua origine, e cercando di offrire una leadership forte e credibile a quella parte del mondo, che vuole seriamente uscire dalle crisi in atto.

E non c’è soltanto il tema del clima, ma ci sono anche tutti i problemi che nascono dalla globalizzazione, che va guidata e regolata, perché attraverso lo scambio libero di merci, servizi e persone non produca ulteriori guasti in termini di diseguaglianze sociali, di guerre più o meno esplicite. Gli organismi e gli incontri internazionali dovrebbero servire a questo, ad offrire all’intero pianeta indirizzi e comuni obbiettivi da perseguire assicurando al contempo giustizia e pace. Donald Trump, che pur guida quell’America fecondata dai padri pellegrini che vi sbarcarono nel lontano 1620, sembra volersi ritrarre da tutto questo. Sembra perseguire obbiettivi che possano valere solo per gli USA, quasi che sia possibile, per una nazione grande come quella americana, di dimettersi dall’organizzazione internazionale e non voler riconoscere che il destino del pianeta non dipenda anche dall’uso che i consumatori americani fanno ogni giorno delle sue risorse. E la contraddizione più evidente sta nel fatto che mentre Trump si ritira da Parigi la Cina comunista – e guarda caso anche turbocapitalista- si fa paladina di quegli accordi cercando di sostituire la leadership americana nei tavoli internazionali ove si decidono i destini del mondo. Per questo di fronte all’affossamento delle politiche obamiane da parte di Trump è lecito chiedersi di quale Occidente ora stiamo parlando e se per caso esista più di un Occidente e se la vecchia Europa non debba ancora assolvere al ruolo di faro di quella civiltà, che ci ostiniamo ancora a chiamare occidentale e che i padri pellegrini portarono con sé oltrepassando l’Atlantico.

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