I sindacati e la buona scuola

di Pierluigi Castellani

La improvvida dichiarazione del Ministro Boschi, che la scuola non è dei sindacati, ha riacceso la polemica di questi ultimi nei confronti del governo per il disegno di legge denominato “la buona scuola”, ora all’esame del parlamento. Che la scuola non sia dei sindacati è naturalmente un’ovvietà e mal si spiegano le forti reazioni delle organizzazioni dei docenti se non con il fatto che dietro quella ovvietà si vede il disinteresse del governo per l’opera di mediazione e di rappresentanza che i sindacati rivestono.

Credo siano in errore entrambe le parti. Il governo perché nel suo furore decisionista non comprende il rischio che c’è dietro lo sminuire il ruolo dei corpi intermedi in una società complessa come la nostra ed il sindacato che non riesce ad affrancarsi dal passato quando la cosiddetta concertazione veniva declinata come vera e propria cogestione e questo sia a livello locale che nazionale. Il sindacato ha paura di perdere il suo ruolo e di rinunciare ad una parte di potere non riconoscendo al governo e soprattutto al parlamento quella rappresentanza generale, che è il vero dato fondante della democrazia.

Quando viene detto che le decisioni finali le prende il governo , legittimato dalla sua maggioranza parlamentare e che le leggi le fa il parlamento, viene riaffermato un principio democratico di assoluta evidenza, quindi non può essere contestato dai sindacati ,che pure loro hanno una legittima rappresentanza ma limitata agli interessi dei loro iscritti e che quindi non può essere vantata come rappresentanza di interessi generali.

E’ per questo che la riforma della scuola, che sta subendo significativi miglioramenti nella commissione cultura della Camera dei Deputati e non si comprende perché non siano apprezzati dal mondo sindacale, deve tener conto dell’importanza ,che la scuola ha oggi nel mondo globalizzato, e ciò comporta di modificare anche quanto non risponde a questa esigenza soprattutto se si vuole valorizzare l’autonomia scolastica, che è il vero perno di ogni innovazione nel settore della formazione dei nostri giovani.

E’ evidente che quando si innova si toccano anche abitudini e comportamenti consolidati con le conseguenti resistenze che si stanno registrando. Insomma questo significa che al di là di ogni pretestuosa polemica l’ultima parola spetta al parlamento ed ad esso deve inchinarsi anche il mondo sindacale, che invece ha tutte le sue ragioni quando reclama il rinnovo del contratto, fermo da sette anni, ed il giusto riconoscimento economico a quanti giornalmente affidiamo i nostri figli ed i nostri nipoti. Ma questo altresì significa che il governo deve avere maggiore attenzione per la rappresentanza del sindacato, perché una società dove viene mortificato il ruolo dei corpi intermedi è una società sempre più frammentata, o liquida come direbbe Bauman, e sempre più difficile da governare per qualunque governo.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.