LA POLITICA DOPO IL CORONAVIRUS

di Pierluigi Castellani

L’attesa, con un misto di speranza e preoccupazione, con cui si sta vivendo l’approssimarsi del prossimo 4 maggio, giorno dal quale dovrebbe iniziare la graduale fase 2 del dopo emergenza, sta evidenziando fratture e divisioni tra le forze politiche, ed anche al loro interno, di maggioranza e di opposizione. Soprattutto è il diverso rapporto con l’Europa che fa emergere sopite ambiguità e vere e proprie differenziazioni. La natura nazionalista e sovranista, sempre più marcata, della Lega di Salvini e dei Fratelli d’Italia si sta rivelando decisamente inconciliabile con una politica rispettosa del ruolo che ha l’Italia in Europa. Questo comporta una inevitabile frattura, se sarà sanabile lo si vedrà nel tempo, con l’europeismo di Berlusconi e FI. Ma anche nella maggioranza stanno venendo alla scoperto differenze e incomprensioni. Il convinto europeismo del PD segna una forte diversità con l’ambiguità dei 5Stelle, divise tra l’ala dialogante di Conte e Di Maio e il radicalismo movimentista di Alessandro Di Battista. Il movimento di Grillo, quest’ultimo sempre più defilato e stanco di esercitare la funzione di garante, non ha ancora maturato quella cultura di governo necessaria per una forza politica, che non voglia marginalizzarsi in una posizione di mera testimonianza. Lo sta dimostrando l’atteggiamento nei confronti del MES, il meccanismo europeo salva stati, che trova nei 5Stelle una ideologica pregiudiziale anche se, come è stato più volte ribadito, non comporterà le condizionalità che hanno sfiancato la Grecia. Per superare la crisi sociale ed economica provocata dal Covid-19, necessita che l’Europa tutta metta in campo una urgente massa di liquidità per stimolare, in tempo ragionevolmente rapido, l’economia di tutti i paesi europei con sostegni alle famiglie ed alle imprese. Questo è necessario all’Italia e alla Spagna ma anche ai paesi del Nord Europa le cui economie sono sempre più intrecciate con quelle dei paesi mediterranei. L’interscambio commerciale, ad esempio, è assolutamente necessario per le produzioni del nord, si pensi alla Germania e alla filiera dell’auto. Ma dopo il coronavirus neppure l’Europa sarà più quella che abbiamo conosciuto fino ad ora. L’UE sta archiviando definitivamente la stagione dell’austerity con un approccio, si spera, sempre più solidale. Infatti anche il nord Europa, che si è definito frugale, dovrà accettare il cosiddetto Recovery fund, non più inviso ora alla Merkel, strumento, che, agganciato al bilancio della Comunità, comporta la mutualizzazione europea del debito da contrarsi per superare la crisi. Tutti oramai dovrebbero aver compreso che l’Unione Europea o rinasce solidale o non sarà più tale.    Non basta una zona di solo libero interscambio commerciale se l’Europa vorrà giocare, tra i protagonisti, la decisiva partita del nuovo scenario internazionale, che si sta profilando con la dichiarata volontà della Cina e il più nascosto intendimento di Putin di contendere all’America di Trump, oramai isolazionista, la leadership mondiale.