L’Australia brucia e l’Occidente si dissolve

di Pierluigi Castellani

Sono due  i fatti che stanno caratterizzando ed allarmando questo inizio di nuovo anno. L’Australia che sta continuando a bruciare con inaudita violenza riproponendo con forza la questione climatica e l’uccisione del generale iraniano Qassem Soleimani da parte degli USA, su ordine espresso del presidente Trump, con il rischio di una escalation in tutto il medioriente. Le fiamme in Australia non stanno solo distruggendo un’incomparabile patrimonio boschivo e di biodiversità di quel paese, ma con la loro devastante forza, che mette a rischio vite umane ed interi insediamenti urbani, stanno rilanciando prepotentemente la questione della difesa del pianeta quando ancora risultano inascoltate le parole di ammonimento di Papa Francesco  e le grandi manifestazioni di giovani a difesa del clima suscitate dalla forte testimonianza della giovane Greta. Saranno finalmente ascoltati questi moniti dai grandi della terra? Non c’è molto da sperare perché non si registrano, al momento, ripensamenti da parte dell’America di Trump, che si è sganciata dall’accordo di Parigi su contenimento della emissioni di CO2, né da parte di molti governanti dopo il recente fallimento del summit ONU sul clima, né tutt’ora sembra essere stato registrato alcun ravvedimento da parte dello stesso premier australiano , noto e contestato negazionista del pericolo climatico. E poi c’è la estemporanea e contraddittoria politica estera dell’America di Trump, che sta mettendo in difficoltà i tradizionali vincoli occidentali, che fino ad ora hanno assicurato stabilità nelle relazioni transoceaniche.

Il blitz del forze americane nei confronti del generale Soleiman, non solo è avvenuto senza una preventiva informativa nei confronti del congresso americano come ha denunciato la speaker democratica della camera Nancy Pelosi, ma è stato preceduto solo da una informativa del segretario di Stato Pompeo ad alcuni paesi della Nato, esclusa l’Italia, e da un’informativa ( forse anche da un’intesa?) con Israele.  Se poi mettiamo insieme questo accadimento con la decisione della Turchia, sempre paese NATO, di intervenire unilateralmente con sue truppe in Libia a fianco del governo di Serrai, c’è davvero da chiedersi se esistono ancora i vincoli  dell’alleanza atlantica e se non ci sia anche da interrogarsi se esista ancora l’Occidente, così come  lo abbiamo sempre conosciuto, o se per caso non ci siano due Occidenti, uno incentrato sull’America sempre più isolazionista, ancorché incoerente ( si pensi al fatto che mentre Trump annuncia di non voler più combattere le guerre degli altri è costretto ad inviare più militari in Iraq per non mettere a rischio le truppe lì già presenti) ed uno rappresentato dalla vecchia e pavida Europa comunque saggia per la sua secolare esperienza di guerre e di gesti clamorosi , che rischiano poi di infiammare i continenti. Il tutto questo mentre si assiste ad una continua e sospetta penetrazione nell’area mediorientale della Russia di Putin, mentre la Cina pensa con la sua potenza di assumere un’autentica leadership economica del pianeta. Ci può essere una risposta a questo preoccupante inizio del 2020 ? Sì, ci può essere . E questa non può che ancora fornita dalla vecchia Europa. Un’Europa che rialzi la testa, che faccia valere la sua ancora non consumata leadership  democratica e culturale e che sappia imporre la ragione a tutti coloro che nel mondo intendono azzuffarsi senza rendersi conto di essere nella condizione dei polli di Renzo Tramaglino. Saprà fare tutto questo la nuova commissione guidata da Ursula von del Leyn coadiuvata dagli Stati fondatori della UE ? Di tutto cuore ce lo auguriamo.