L’Italia non è un paese per giovani

di Pierluigi Castellani

I dati resi noti da “Migrantes “ l’organismo dei vescovi italiani, che si occupa delle migrazioni nel mondo, e secondo il quale ben 107.529 italiani nell’ultimo anno si sono trasferiti dal nostro paese sono impressionanti ed inducono a più di una riflessione. Infatti ben un terzo degli italiani che sono andati a cercare fortuna fuori dall’Italia sono compresi tra coloro che hanno tra i 18 ed i 34 anni di età. Cifra considerevole se si pensa che in questo modo ora , al 1 gennaio 2016, ben 4 milioni e 800 mila italiani sono stabilmente residenti all’estero. Certo questi dati possono essere letti in due modi. Il primo come un effetto positivo della globalizzazione e dell’estendersi di una consapevolezza che porta a sentirsi cittadini del mondo. Il secondo come una crescente aspirazione ( si parla infatti di ben 6.232 persone in più rispetto all’anno precedente) a raggiungere altri paesi – soprattutto europei- per realizzare il proprio progetto di vita. C’è poi da rilevare che il dato è sottostimato, perché , essendo calcolato sugli italiani iscritti all’Aire, molti invece sono coloro che all’estero poi non si iscrivono al registro degli italiani all’estero per non perdere la residenza e quindi l’assistenza sanitaria. Insomma non è proprio un dato positivo per una paese che cerca di progettare il proprio futuro. Infatti se tra questi italiani alcuni sono coloro che ,già pensionati, cercano di godersi altrove la propria pensione, molti, troppi, sono i giovani ,che acquisito in Italia un livello considerevole di istruzione, poi vanno fuori del paese a spendere il proprio cervello e le capacità acquisite. Con una doppia aggravante : che questi giovani costano in termini economici all’Italia per poi arricchire con la propria intelligenza altri paesi. Da qui l’amara considerazione che il nostro paese è sempre più un paese per vecchi, mentre i giovani, magari proprio quelli più attrezzati culturalmente, sono costretti ad emigrare per realizzare i propri personali disegni. Del resto se il nostro paese non consente ai giovani di farsi valere nelle professioni e nell’eccellenza di molti lavori, se non consente che siano proprio i migliori a farsi avanti, sempre più saranno coloro che trasmigrano, oggi poi che la diversità delle lingue non è più una barriera per nessuno. Occorre sempre più ed urgentemente creare le condizioni perché i nostri migliori cervelli rimangano in Italia. Che cosa ostacola questo ? Certamente la stagnazione economica e la crescita lenta rispetto agli altri paesi, ma sicuramente anche un certo modo corporativo e familistico della gestione dell’accesso alle professioni nel nostro paese. Quando un giovane viene scoraggiato per la troppa burocrazia ed ostacolato dal metodo cooptativo nell’avvio ad alcune professioni non può che essere stimolato a levare le tende per trasferirsi altrove. Recentemente ha fatto scalpore la denuncia di Raffaele Cantone, presidente dell’Anac, circa il nepotismo vigente in alcuni atenei italiani. Il mondo accademico si è risentito per questa forte denuncia, ma è indubbio che l’essere figlio di o parente di, molto spesso facilita l’accesso nelle università italiane. Questo è un dato inconfutabile, tanto che una mia personale e non recente esperienza me ne dette conferma. Era il 1989 quando insieme ad altri colleghi provveditori agli studi mi recai in visita nello Stato di New York ed ebbi l’opportunità di visitare , vicino a Croton, il centro di ricerche dell’IBM. In quella occasione incontrai un giovane ingegnere italiano, che era a capo di un settore di ricerca di quella istituzione. Quando gli chiesi se aveva pensato di tornare in Italia la sua risposta fu: “ ma almeno un posto da bidello riuscirei ad averlo in Italia?” Purtroppo insieme a questo esempio se ne possono citare altri, anche se un certo rientro di cervelli si sta registrando nel nostro paese dovuto ad intelligenti iniziative, come è avvenuto di recente all’Università di Padova. Quindi è sempre più essenziale che mentre si deve avviare una stagione di crescita nel nostro paese si registrino anche comportamenti virtuosi per rendere possibile a tutti i meritevoli di ascendere nella scala sociale. Rendere un paese migliore, moderno e più virtuoso è l’impegno che grave non soltanto su chi governa ma anche su tutta la società.

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