Ancora su politica e giustizia

di Pierluigi Castellani

La recente assoluzione di Ignazio Marino per la vicenda dei contestati scontrini relativi a cene presuntivamente pagate con la carta di credito del Comune di Roma e l’assoluzione dell’ ex presidente della Regione Piemonte Roberto Cota per la vicenda dell’ utilizzo dei fondi dei contributi della Regione ai gruppi consiliari hanno riproposto con tutta evidenza il problema del rapporto tra politica e giustizia. Insieme a questa due assoluzioni c’è stata poi la richiesta di archiviazione per 116 indagati, tra cui il presidente della Regione Lazio Nicola Zingaretti, nel contesto del processo per mafia capitale. E’ di tutta evidenza che la questione sollevata è soprattutto dovuta al grande clamore mediatico ,che le indagini hanno avuto con conseguenze anche sulla fine del mandato amministrativo del sindaco Marino e ,almeno in parte, sulla caduta del presidente Cota. La domanda che sorge è la seguente :può un’inchiesta giudiziaria sollevare tanto scalpore tanto da decretare la fine di un’esperienza politica? E’ ovvio che la risposta a questa domanda non può essere che no. Ed allora come ovviare ad un uso politico delle inchieste giudiziarie di persone che costituzionalmente debbono in ogni caso ritenersi innocenti. E’ evidente che il tema riguarda varie questioni e più di un soggetto. Da una parte c’è la discrepanza tra indagini , avviate dai pm e sentenze , spesso assolutorie , dei giudici con l’ovvia considerazione ,che le sentenze di assoluzione giungono sempre dopo che il frettoloso giudizio politico si è già consumato. Dall’altra c’è il ruolo dell’ informazione, che sollecitata da denunce ed esposti di avversari politici degli indagati, amplifica mediaticamente la portata delle medesime indagini. Da ultimo c’è il ruolo quasi assente dei partiti che dovrebbero selezionare al meglio la classe dirigente e poi rispettare la costituzione che garantisce l’innocenza a tutti i cittadini fino a condanna passata in giudicato. Per quanto riguarda il ruolo dei pm, ferma restando l’obbligatorietà dell’azione penale, mi sembra molto saggio il richiamo fatto da Giovanni Legnini, vicepresidente del CSM, al dovere imposto al pm dall’art.358 del codice di procedura penale di svolgere anche accertamenti su fatti e circostanze a favore della persona sottoposta ad indagine. Questo richiamo, insieme ad una maggiore attenzione deontologica dei magistrati alla riservatezza di fatti ed intercettazioni che non hanno rilievo penale ed al necessario equilibrio che chiunque indaga deve avere nei confronti di tutti fino ad “effettuare di più e meglio – sono parole di Legnini nell’intervista a Repubblica del 9 ottobre u.s.-, già in fase di conclusione delle indagini, un giudizio prognostisco più rigoroso sull’esito del procedimento”. Il richiamo ad una maggiore serietà e correttezza deontologica dovrebbe valere anche per l’informazione. E’ pur vero che nessuno vuole mettere il bavaglio alla stampa, ma la notizia può avere rilievi e clamori diversi, basta amplificarla a dismisura senza fare accertamenti e verifiche perché poi nell’opinione pubblica il giudizio venga inesorabilmente e negativamente anticipato. E poi c’è la politica e ci sono i partiti che nel selezionare la classe dirigente debbono essere attenti e prevenire fatti, che possono avere rilievo penale ,e scavare un profondo fossato tra la politica ed il malaffare. Ma insieme a questo la politica deve rifuggire dalla tentazione di usare la giustizia a scopi politici magari facendo i giustizialisti con gli avversari ed essendo condiscendenti e compassionevoli con gli amici. Basti ricordare che la vicenda Marino a Roma è nata da un esposto dei 5Stelle, che poi hanno suonato la gran cassa fino alle dimissioni, o se volete al dimissionamento , voluto dalla stesso pd, del sindaco, ma poi il movimento di Grillo, una volta riscosso con la vittoria di Virginia Raggi il premio, si sta comportando ben diversamente con indagini che lo riguardano direttamente. Insomma un rapporto corretto tra politica e giustizia non si può mai avere se non tutti i soggetti interessati collaborano a dare una visione di questo problema in modo meno manicheista e giustizialista. Da una parte una maggiore attenzione dei giudici al raffronto tra indagini e sentenze di assoluzione, che molto spesso appare francamente squilibrato, un maggiore equilibrio dell’informazione che non può invocare comunque il “crucifige” nei confronti degli interessati e maggiore serietà da parte dei partiti, che debbono riconsegnare la loro missione a quella della politica alta, quella del confronto delle idee, e non del quotidiano insulto. E’ utopistico sperare in questo ? Mi auguro di no, altrimenti ci consegneremmo tutti alla barbarie.

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