Trenta per cento positivi ricoverati in Umbria ma non per Covid
Negli ospedali umbri la quota di ricoverati per altre patologie ma positivi al Covid e asintomatici è pari a circa il 30% e questo crea alcuni problemi di sovraccarico ai pronto soccorso e ai reparti dedicati per il virus, ma ancora gestibili con l’attuale organizzazione e con la capienza prevista. E’ il quadro che emerge dalla survey della federazione dei medici internisti ospedalieri. L’ 85% di questi asintomatici sono vaccinati con tre dosi e il 25% dei pazienti positivi nei reparti Covid di tipo medico sono in condizioni gravi e in terapia semintensiva. Di questi pazienti gravi, il 70% sono non vaccinati e il restante 30% è costituito da persone con due dosi fatte da circa sei mesi e con altre patologie associate. ” Anche i dati umbri confermano quindi l’importanza della vaccinazione nel proteggere dalla evoluzione grave della malattia da Sars-Cov-2 anche, in larga misura dal contagio”, sottolinea Lucio Patoia, presidente della federazione dei medici internisti ospedalieri e direttore della struttura complessa di medicina interna all’Ospedale di Foligno. ” La stragrande maggioranza dei pazienti Covid – aggiunge Patoia – è ricoverata nei reparti di medicina interna della Regione, in cui gli specialisti internisti sono in grado di assicurare sia una assistenza ordinaria per i casi meno gravi che un’assistenza in regime semintensivo. Il tasso dei pazienti Covid ricoverati nelle medicine interne era pari al circa il 70% nelle precedenti ondate, ed è in questa aumentato ulteriormente, visto che sono in minor numero i pazienti che necessitano di terapia intensiva nei reparti di rianimazione. Quelli di medicina interna si fanno carico anche dei pazienti positivi con patologie specialistiche diverse, come ad esempio infarto del miocardio, fratture di femore, neoplasie. Questo aspetto di elevata competenza su molte aree delle patologie specialistiche consente una flessibilità professionale che si adatta perfettamente a quella organizzativa richiesta dalla pandemia Covid e va valorizzato, sia in sede di assegnamento di risorse professionali mediche e infermieristiche che di risorse organizzative. Invece, ancora una volta, si assiste da parte di alcuni, all’equivoco di scambiare la capacità di approccio a pluripatologie complesse con una genericità professionale. Il lavoro – continua Patoia – viene sostenuto in condizioni di organici medici ed infermieristici sotto dimensionati rispetto alle esigenze poste dalla pandemia. Devo dare atto che le aziende sanitarie della nostra Regione stanno provvedendo al reclutamento di specialisti in medicina interna e di infermieri di area internistica, ma ritengo che il problema vada affrontato con provvedimenti di vario ordine e tipo che consentano un dimensionamento adeguato degli organici dei reparti al di fuori dell’emergenza e in previsione di future ondate pandemiche, nonché di una riconsiderazione del ruolo cruciale svolto dai reparti internistici nelle funzioni di cura ordinaria e semintensiva negli ospedali regionali. E’ – conclude Patoia – una sfida organizzativa e culturale che va ben oltre l’attuale situazione”.