Coronavirus, conti economici in ordine hanno garantito la sanità dell’Umbria. Premialità e qualità, dimezzata la spesa farmaceutica.

Da anni la sanità del nostro Paese è alla ricerca dell’equilibrio tra la sostenibilità finanziaria e l’esigenza di erogare un servizio a tutela del fondamentale diritto alla salute. Un equilibrio che molte regioni fanno fatica a raggiungere , con situazioni territorialmente diseguali, sia quanto a costi posti a carico dei cittadini, sia quanto a servizi prestati. In poche parole senza i conti in ordine i cittadini vanno incontro a costi maggiori e servizi peggiori. Nella puntata di ieri abbiamo ricordato come l’ Umbria ha l ‘orgoglio di essere considerata, a livello nazionale, la regione benchmarking nella sanità italiana. Dal 2013 , in Italia , è stato implementato un meccanismo di “premialità” che prende in considerazione l’erogazione dei livelli essenziali di assistenza in condizioni di equilibrio economico, nel rispetto di taluni criteri di qualità. Cosa vuol dire ? Semplice: le regioni virtuose si prendono in più una parte delle risorse del Fondo sanitario nazionale che vengono accantonate ogni anno per premiare chi si sarà dato di più da fare nel miglioramento dei servizi e nel rispetto dei Lea. Cosa sono i Lea ?  Sono i livelli di assistenza che indicano l’ insieme di tutte le prestazioni, servizi e attività che i cittadini hanno diritto a ottenere dal Servizio sanitario nazionale. E’ un passaggio non di poco conto questo, in quanto si tratta di risorse pubbliche raccolte attraverso la fiscalità generale (tasse), sostanzialmente i servizi sanitari vengono sostenuti con i soldi delle famiglie e dei lavoratori. Senza entrare nel merito di questo importante riconoscimento per l’ Umbria, proviamo  a prendere in considerazione alcuni indicatori di efficienza e produttività.  In questa ottica facciamo riferimento ad alcune componenti fondamentali della spesa regionale, ad iniziare da quella dei dipendenti.  Sul piano del lavoro , questa componente di spesa, è passata in Italia – dal 2002 al 2018  dal 35% al 30%. In Umbria, lo stesso valore è passato da 40% al 36% circa. In altri termini, il costo del lavoro, in Umbria incide cinque punti percentuali in più rispetto alla media nazionale. Perchè tutto questo, cosa è accaduto in Umbria ? Per dare una risposta oggettiva prendiamo come riferimento il costo medio per addetto e la numerosità dei dipendenti.  E’ chiaro che il costo medio per addetto dipende da una differente composizione qualitativa dell’occupazione in sanità. Per esempio una maggiore incidenza relativa di medici rispetto ad altre figure. Ieri , nella prima puntata, abbiamo ricordato come in Umbria vi sono in sanità 1700 occupati in più rispetto ad un criterio di equidistribuzione basato sulla media nazionale. Tra questi abbiamo 140 medici in più.  La domanda che viene spontanea in questo caso è: come ha fatto la piccola Umbria a investire di più sulle competenze professionali in un momento di riduzione della dotazione finanziaria , ancora più significativa se rapportata al Pil nazionale ? Prima di rispondere a questa legittima domanda vale la pena ricordare – come abbiamo fatto ieri in maniera puntuale – che tutto ciò ha consentito di tenere in piedi una organizzazione dei servizi sanitari molto articolata sul territorio. Proprio oggi i medici di base denunciano in tante parti d’ Italia di essere ” disarmati contro i nuovi focolai “. Infatti la scommessa sanitaria della fase 2 sta tutta nel rintracciare e isolare prontamente i possibili microfocolai d’infezione. Per questo altre regioni che hanno puntato tutto in questi anni sulla ospedalizzazione ( Lombardia, per fare solo un esempio) sono in grave difficoltà.  Soprattutto oggi diventa fondamentale il ruolo dei medici e servizi sul territorio. Vere e proprie sentinelle di quartieri come quelli di Perugia e Terni e paesini come la maggioranza dei centri umbri. Non aver smantellato il territorio, aver investito soldi pubblici sull’assunzione di medici e infermieri, piuttosto che su dattilografi o uscieri, aver tenuto i conti in ordine, oggi rappresenta la miglior garanzia per la sicurezza degli umbri. Una scelta di questi anni che oggi consente alla nostra regione di uscire, ancora una volta, a testa alta da una emergenza sanitaria difficile e complessa. Ma se l ‘Umbria non ha smantellato i servizi, ha continuato ad investire sulle risorse umane e, nel frattempo, sono diminuite le risorse finanziarie, come è stato possibile mantenere i conti in ordine ? Naturalmente sono diversi i fattori che hanno tenuto in piedi questo equilibrio, ad iniziare da una corretta e prudente gestione delle stesse risorse pubbliche. Tra le spese incide molto, insieme a quella corrente per gli stipendi degli 11.000 dipendenti, la farmaceutica. La spesa farmaceutica , come è noto, si divide in due componenti, ossia quella per acquisti diretti fatti dalle Asl e dalle Aziende Ospedaliere per la loro assistenza terapeutica e quella convenzionata, ovvero connessa alla farmaceutica territoriale. Nel corso degli anni la spesa per gli acquisti diretti di prodotti farmaceutici è cresciuta , passando a livello nazionale dal 3% al 10% circa: evidentemente, le caratteristiche dei bisogni in sanità, in termini terapeutici, porta ad un consumo elevato di farmaci. In Umbria si registra più o meno lo stesso trend. Sulla spesa farmaceutica territoriale, ovvero convenzionata, in Umbria la tendenza strutturale è stata quella di un drastico contenimento, nel corso degli anni la spesa si è addirittura dimezzata passando dal 14% al 7%. Possiamo sicuramente dire che la rete delle farmacie sul territorio ha contribuito in maniera rilevante a ridurre, a parità di consumi,  la spesa sanitaria del sistema Umbria. Una riduzione che sul bilancio della Regione ha significato liberare risorse da investire sugli obiettivi sopra elencati. Un’altra spesa che pesa molto sui conti pubblici della Regione è quella per prestazioni riabilitative o specialistiche, oltre ad attività socio-assistenziali. Parliamo di servizi per anziani o disabili ma anche laboratori e strutture mediche specialistiche convenzionate. A livello nazionale essa copre circa il 12% con Regioni dove il business privato della sanità raggiunge cifre elevatissime, per fare un esempio in Lombardia rappresenta il 29,4% della spesa. L ‘ Umbria, con il 12% circa, si posiziona nella parte bassa del ranking nazionale. Come mai ? Pur avendo una offerta tra le migliori del paese – essendo regione benchmarking nella sanità –  questi servizi  sono assicurati nelle strutture pubbliche ospedaliere o territoriali delle Asl . In Umbria il business privato è fortemente limitato con scelte politiche che hanno puntato quasi esclusivamente sulla sanità pubblica, scelte che hanno garantito a tutti di essere curati e riabilitati da centri realizzati e gestiti con risorse pubbliche. In sintesi potremmo dire che da sempre il sistema sanitario umbro è stato coerente con l’art.32 della nostra Costituzione che recita: ” La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti” Su questo punto torneremo domani in un’altra puntata. Per terminare si può dire che aver tenuto i conti in ordine in tutti questi anni, aver selezionato e indirizzato la spesa pubblica e investito molto sulle professionalità e servizi diffusi, è stato determinante per tenere in piedi il sistema sanitario umbro mettendolo nelle condizioni di poter affrontare bene anche l’ emergenza Covid-19.

( Continua – 2 )

Coronavirus, ecco perchè la Sanità dell’ Umbria è riuscita a garantire una buona assistenza. Prima regione benchmark.