Crisi in Umbria: raddoppiati i poveri, si spende meno in salute, più in cibo

PERUGIA – Dal 2008 al 2012 (anno in cui si fermano le stime ufficiali al momento di stesura del Rapporto) l’Umbria ha perso quasi 11 punti percentuali di Pil (contro i 7 della media italiana), superando il Mezzogiorno (-10,3%): è il dato che segna la “lunga crisi” della regione, messo nero su bianco dal Rapporto economico sociale (“Res”) sull’Umbria illustrato, oggi, a Palazzo Donini. Presenti la presidente della Regione Umbria, Catiuscia Marini, il presidente ed il direttore dell’Aur, Claudio Carnieri e Anna Ascani, ed i ricercatori Mauro Casavecchia ed Elisabetta Tondini, responsabili rispettivamente delle Aree “sviluppo locale e innovazione” e “processi e politiche economiche e sociali” di Aur.

Nell’illustrare i profili macroeconomici di “Res”, Elisabetta Tondini ha evidenziato come la crisi che si è abbattuta sull’Umbria ha avuto ripercussioni particolarmente negative, in quanto la regione è entrata nel tunnel recessivo con un tessuto economico già indebolito. E’ ciò in maniera maggiore rispetto all’Italia, anch’essa segnata da un processo inerziale di lunga data che ha prodotto ripercussioni ben più importanti che in altri Paesi dell’Eurozona.

Nel periodo che va dalla metà degli anni novanta al 2012 l’economia umbra è cresciuta mediamente dello 0,4% annuo, analogamente al meridione (0,7% Italia), e il contributo della regione alla formazione del Pil nazionale, che oscillava tradizionalmente intorno all’1,4%, spesso superandolo, nel 2012 scende all’1,35%. Già prima del 2008 l’Umbria mostra segni di sofferenza: il Pil pro capite reale tra il 2002 e il 2007 diminuisce dello 0,27% medio annuo, a fronte di una crescita italiana dello 0,47% e precipita, dal 2008 al 2012, a -2,85% (-1,90% in Italia). Nell’ultimo anno disponibile, la forbice Umbria-Italia finisce per sfiorare dieci punti.

Fra le cause della crisi quella della domanda che si è ridotta drasticamente, soprattutto nell’ambito dei consumi dove la spesa per consumi finali delle famiglie ha subito cali reali per cinque anni consecutivi (in Italia si era avuta una sporadica ripresa nel 2010). I consumi rappresentano una grandezza che contribuisce positivamente alla formazione del Pil anche in presenza di annualità economiche negative. L’inversione di tendenza, in modo così intenso e duraturo, testimonia invece la portata di una crisi che non ha precedenti nella storia più recente del Paese.

A partire dal 2010, la dinamica reale dei consumi nella regione è stata sempre peggiore di quella del reddito prodotto.

Significativi i capitoli di contrazione della spesa. Tra il 2007 e il 2013 le famiglie hanno tagliato i cosiddetti “beni voluttuari”: -32,3% della spesa in vestiario, -24,7% in mobili e servizi per la casa. Ma calano anche le spese per la cura della salute (-17,1%) e quelle per i trasporti (-5,5%). Sono crescite invece le spese fisse: per l’abitazione (+11,2%), combustibili ed energia (+28,3%) e quella per il cibo che assorbe il 54% del budget familiare.

La ripresa della domanda stenta a decollare per un atteggiamento “cautelativo” e soprattutto perché gli anni di difficoltà hanno ridotto drammaticamente i redditi delle famiglie meno abbienti provocando un drastico calo della propensione al consumo. La lunga crisi ha colpito in modo particolarmente pesante soprattutto i redditi più bassi, con effetti evidenti sull’inasprimento e sulla diffusione degli stati di indigenza. Nel giro di due anni (dal 2010 al 2012) il tasso di povertà relativa in Umbria raddoppia (dal 5% all’11% per le famiglie e dal 7,7% a quasi il 15% per gli individui), dati che si riconfermano purtroppo nel 2013.

Le stime previsionali del Pil per il 2013 ci restituiscono per l’Umbria un nuovo calo di oltre 3 punti percentuali del Pil (mentre la recessione italiana si è attestata ad un -1,9%).

Sebbene lo scenario rimanga incerto, nel 2014, che è stato un ulteriore anno di difficoltà, dovrebbe presentarsi una timida ripresa, attesa da tre anni.

Nel presentare il Rapporto, Mauro Casavecchia ha sottolineato come “il lavoro di scavo di Res sull’Umbria anche quest’anno sia stato inserito in uno scenario più ampio che consente di leggere la regione nella complessità delle interrelazioni tra processi economici e sociali per cogliere il senso delle trasformazioni dei suoi caratteri identitari. Alla presentazione generale del Rapporto – ha annunciato – seguiranno altre tre sezioni tematiche che, ricalcando l’articolazione del percorso di ricerca effettuato, riguarderanno le dinamiche e le strategie d’impresa (11 febbraio, ore 9.30), approfondimenti settoriali (18 febbraio, ore 10) e tendenze sociali (26 febbraio, ore 10)”.

“Il Rapporto – ha detto il presidente dell’Aur, Claudio Carnieri – dà conto della relazione, in Umbria, tra dinamiche dei processi produttivi e modello sociale per leggere la contemporaneità. Il volume è denso di spunti, suggestioni e stimoli interessanti proprio perché il quadro che offre della società umbra è di ampio respiro, variegato e di lungo periodo”.

“Il volume – ha aggiunto il direttore di Aur, Anna Ascani – si compone di quasi 500 pagine che raccolgono 19 contributi di 30 autori e rappresenta uno strumento importante per tutta la collettività umbra in quanto consente di conoscere, approfondire e riflettere sullo stato economico e sociale della regione dando nel contempo indicazioni di policy”.

La presidente della giunta regionale, Catiuscia Marini, ha evidenziato come “Le attività di ricerca, come quella svolta da AUR, sono importanti per costruire politiche di governo innovative che debbono però tenere conto anche del tempo presente e di quanto le politiche nazionali ed europee incidano sulla possibilità concreta di mettere in campo strumenti efficaci per affrontare la crisi”. Nell’operare una serie di “riflessioni” su quanto emerso dal Rapporto, Marini ha evidenziato come il blocco degli investimenti, soprattutto pubblici, dovuto ad una errata lettura delle politiche di rigore, sia un fattore cruciale che ha concorso all’aggravarsi della crisi nel Paese e in Umbria. Da qui “la necessità di ridare slancio a questo settore in maniera qualificata e rimetterlo in moto, perché finora – ha affermato Marini – la forte contrazione degli investimenti si è dimostrata una medicina che non ha aiutato il malato, ma ha aggravato la malattia”. Relativamente alla ripresa dei consumi ed al dibattito aperto su questo tema, per la Presidente “vanno ricreate le condizioni socio economiche per la crescita, lo sviluppo, il lavoro, piuttosto che mettere in campo azioni finalizzate esclusivamente al loro incentivo”.

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