DIS…CORSIVO. AUGURI, CASCIA!

NOSTRADAMUS di Maurizio Terzetti / L’idea sarebbe questa: a gruppi, chi lo può fare, si trasferisce a Cascia dall’8 dicembre, cioè da ieri, e se ne riparte il 19 gennaio del prossimo anno, il giorno dopo della conclusione di più di un mese di atmosfere scintillanti e fiabesche, realizzate con equilibrio e armonia all’interno del programma “Dal Falò alle Pasquarelle. Tradizioni del periodo natalizio nella città di Santa Rita”.

Molte “accoglienze”, nei paesi dell'Umbria da nord a sud, da ovest a est, sono in fase di definitiva proposta attraverso la stampa, ma l'impressione che Cascia stia bruciando tutti nella confezione del calendario di fine d'anno è forte, stamattina, ricorrenza dell'Immacolata, mentre apro la mia casella postale. E non è solo questa tempestività a colpirmi nel profondo. Lo fa, di più, la sensazione che Cascia si rende ospitale soccorrendo il visitatore in continuità, creando cioè quel piccolo ponte tra la fine delle festività natalizie e la prossima Pasqua che non mi pare di ritrovare in altri, pur sublimi, paesi dell'Umbria.

Chi canta il Natale, canta già la Prima Pasqua: “Nu simo vinuti / con tutta creanza / sicunnu l'usanza / la Pasqua a cantà”, intonano i pasquarellari mentre si esibiscono fino sulle porte delle abitazioni private. E a chi, finita la parentesi natalizia, a metà gennaio, può sentirsi solo e sconsolato nel riprendere la vita senza sogni di tutti i giorni, l'eco dei menestrelli popolari, e colti, della Valnerina rallegra il cuore e fa intendere la profonda unità del mistero, natalizio e pasquale insieme, che solo la tradizione popolare, nei secoli, la potuto cogliere, tramandare e rendere comprensibile all'uomo d'oggi, grazie anche allo sviluppo delle analisi antropologiche.

All'inizio delle feste, si brucia nel Falò ogni scoria di cattivo vivere che può esserci entrata nel cuore: le fiamme che onorano la divinità purificano anche l'animo di chi accende il grande fuoco o solo vi si avvicina. Durante le feste, i bambini, gli studenti, i più grandi celebrano nel presepe l'umanità tutta intera, formulano l'invito a tutte le religioni senza timore di usare sconvenienze a chi non è cristiano. Alla fine delle feste, con le pasquarelle, si guarda indietro e si getta lo sguardo sul futuro che ci aspetta, istruiti dai menestrelli sul fatto che tutta l'esistenza è un insieme inscindibile di gioie e di dolori e che è inutile cercare di separare con le illusioni ciò che, nel tempo, ci affanna e ci consola: la ricchezza e la povertà, l'egoismo la solidarietà, il canto felice e la melodia nostalgica, la frenesia e la serenità.

Così è strutturato il programma delle festività natalizie a Cascia, non come parentesi illusoria nel turbine dell'esistenza, ma come accettazione consapevole e concorde di un flusso vitale che, dimenticato altrove, si è conservato integro nei borghi sparsi intorno alla città, per i vicoli che tessono il centro storico, nelle aree di santità e negli spazi profani che si susseguono senza inutili censure. L'itinerario della Festa, infatti, si snoda, come spiega il sottotitolo del programma, “tra chiese, cantine e luoghi caratteristici” e giuro che un'immediata vicinanza tra i luoghi di culto e le profane enoteche non si trova altrove con la stessa, spontanea, naturale combinazione.

Questo è il segreto di Cascia: aver potuto convivere, nei secoli e fino al presente, con un monumento di santità che richiama folle di fedeli in cerca, anche, di un miracolo e non aver perso la voglia di organizzare, per la comunità, il tempo della chiesa e il tempo del mercante, il rispetto per Santa Rita e la cura per più prosaiche tradizioni, esse stesse in grado di attrarre folle di curiosi verso quest'angolo d'Umbria.

La giornata conclusiva del programma, il 18 gennaio 2015, è un prodigio di equilibrio: dalla mattina alla sera c'è la “Festa delle tradizioni rurali della montagna”, accompagnata dalla “39ª Rassegna interregionale delle Pasquarelle” e contrappuntata, alle 18, dalla messa in ricordo della badessa storica delle Agostiniane del convento di Cascia, madre Maria Teresa Fasce, morta proprio il 18 gennaio 1947, sepolta nella basilica inferiore di Santa Rita e beatificata da Giovanni Paolo II nel 1997.

Auguri, dunque, Cascia, a te che ci porgi i tuoi con tanta attenzione per la nostra anima, che non ha bisogno di divisioni, di discordie, di obiettivi separati e di azioni contraddittorie, ma, semplicemente di una guida.

Non è nel programma, ma se andate a Cascia nel tempo che va “Dal Falò alle Pasquarelle” non dimenticate di visitare, nella chiesa museo di Sant'Antonio, il gruppo scultoreo quattrocentesco di “Tobia e l'Angelo”, emblema della guida di cui parlo. Sotto l'ala dell'angelo Raffaele, in estate, si premiano i “Cavalieri dell'ambiente”, l'ultimo nato fra i prodigi culturali che scandiscono l'unità delle stagioni a Cascia.

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