DIS…CORSIVO. BURRI, O L’ANTICIPAZIONE DEL CONTEMPORANEO

NOSTRADAMUS di Maurizio Terzetti / E così anche Alberto Burri rischia di diventare un “classico”.

Nel giorno del suo centesimo compleanno già non si parla più di lui come di un sovvertitore totale dell'arte contemporanea, ma ogni riguardo è usato nei suoi confronti per far capire come egli appartenga ormai alla cerchia ristrettissima degli artisti che hanno rivoluzionato il Novecento proprio per darci la possibilità, qualche decennio più tardi - ora, appunto -, di avvicinarci alla comprensione della realtà che ci circonda.
Quant'è lontano il Burri degli anni Sessanta e Settanta, quando ci si accapigliava intellettualmente per l'incomprensione e per le tante false comprensioni della sua opera! Quant'è lontano lo stesso Burri di allora, quasi solo parzialmente consapevole, allora, del processo che aveva innescato sulla materia!
Non ce ne siamo quasi accorti, ma tra gli anni Ottanta, la scomparsa di Burri e questo primo spicchio di nuovo secolo, il mondo ha metabolizzato l'arte del nostro pittore e, anche qui da noi, in provincia, si riesce a sentire una qualche familiarità con le sue opere, tutte, indistintamente.
Burri ha sconvolto, reindirizzato, lacerato e bruciato la materia, ha giocato col tempo fino ad assoggettarlo al suo disegno disgregatore. Ma nulla può, a distanza di pochi decenni, col tempo dello spettatore, di chi oggi, cioè, si pone di fronte alle sue opere e comincia a parlarne come delle opere di un autore “classico”.
Oggi, 12 marzo 2015, si proclama la perfetta sovrapponibilità del mondo che sperimentiamo e delle anticipazioni burriane di qualche decennio fa. O, per lo meno, questa contemporaneità di mondo e arte si svela attraverso le sue opere, che cominciano a parlare autonomamente, al di là dell'evoluzione del discorso critico su di lui.
La storia dell'arte ha finalmente intuito questo divenire attuale della fatica pittorica di Burri ed esprime tale consapevolezza, intanto, nella forma della celebrazione in grande stile e dell'enfasi multimediale. Dovranno, però, passare ancora decenni prima che anche il mondo accademico possa formalizzare, intorno a Burri, ciò che il libero sentire di un'umanita martoriata e lacerata prova e proverà sempre più di fronte agli specchi rappresentati dalle opere di Burri.
Nel frattempo, la “classicità” dell'artista si farà sempre più densa e netta ed è possibile che il mondo, davanti a un'opera di Burri, possa anche provare a ricucire le lacerazioni che ne dilaniano l'anima. Sarà un tempo in cui si entrerà nei “Seccatoi” provando un senso di meno glaciale esposizione di quella che ancora oggi, inevitabilmente, si prova. Tutto ciò che è sconsacrato nel tempio burriano di Città di Castello potrà riempirsi di una nuova fede, che nessuno oggi intravede come nessuno avrebbe potuto predire, nel Cinquecento, l'assoluta laicità dei nostri sguardi posati sui capolavori dei maestri di quel secolo.
È, insomma, un fausto centenario quello che inaugura, oggi, il futuro di Burri ed è solo a tale futuro che ci è permesso di guardare. Il passato, di cento anni fa o solo di qualche decennio fa, non si più a chi appartenga.

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