DIS…CORSIVO. CAPITALE 2019: ABBIAMO “CONVINTO”. MA SIAMO CONVINTI?

NOSTRADAMUS di Maurizio Terzetti / La parola d’ordine è, naturalmente: consolidare, non disperdere, acquisire il patrimonio di idee e di progetti che la Fondazione ha messo in campo giocandosi fino in fondo, con encomio, la partita della Capitale europea della cultura. A Ravenna, a Siena, a Lecce e a Cagliari, come a Perugia, il leitmotiv delle reazioni, più o meno sublimate, al verdetto della schietta Giuria internazionale ha lo stesso tono: la dignità del percorso fatto esige che ci sia una prosecuzione della via virtuosa tracciata dalle menti che hanno confezionato, città per città, i progetti arrivati in finale. E sia. Ma mi chiedo con un po’ di preoccupazione se ciò non finirà per mettere una pietra sopra le riflessioni sul progetto di candidatura che finora non mi è parso di sentire in termini, anche, di ipotesi critiche.

La domanda, al riguardo, è se e come in qualche parte della progettualità si possa essere usciti dai binari del Bando o, comunque, non si sia dato il giusto pathos al coinvolgimento delle città umbre, quelle candidate e quelle che facevano loro da ancelle. Perché queste sembrano le direttrici di una possibile istanza critica: o non si è riusciti a convincere la Giuria più di quanto ha fatto Matera rispetto alle infinite pieghe del Bando o gli stessi giurati hanno colto una temperatura popolare a Matera che le altre città hanno manifestato con ben più tiepido orgasmo.

Se non ora quando ci sarà il tempo per questa riflessione aperta, non banale, non indulgente, non cattiva ma nemmeno edulcorata, sull'esito della partecipazione al Bando della Città Capitale della Cultura?

Fino a ieri, ciò non è accaduto: o la città di Perugia, con tutto il suo parterre di alleanze, era talmente imbarazzata rispetto a un'impresa che qualcuno già giudicava, per sentito dire, persa in partenza o una sorta di omertà accademica aveva preso tutti, maggioranze dell'altroieri e opposizioni di un tempo, nuovi schieramenti e personalità in vena di spontanei equilibrismi sul filo teso della politica regionale.

Sta di fatto che non abbiamo mai sentito una voce discordante, un tono vagamente polemico, pur nella propositività, a riguardo della progettazione per la candidatura di Perugia. Se qualcuno ha provato a farlo, è stato messo in disparte, con un processo di selezione dei migliori supporti intellettuali endogeni che doveva assicurare ai maîtres à penser venuti da fuori le necessarie garanzie di tranquilla operatività.

E la cosa strana è che, alla fine, nel conto delle collaborazioni al progetto – e dei relativi protagonismi - sono comparse una marea di associazioni di ogni tipo e poche, davvero poche, realtà comunali. Il territorio non doveva vedere protagoniste le amministrazioni locali nel loro insieme? Altrimenti, quale Umbria è quella che viene estratta a campione, con una rappresentatività poco più che statistica sullo scacchiere regionale? O s'intendono protagoniste quelle amministrazioni nei cui territori si portano e si calano iniziative già decise e progettate nel chiuso della pur ampia sede della Fondazione?

I problemi veri, tuttavia, vengono adesso. Sarà anche per asciugare le lacrime pittoresche di qualche animo più triste dopo l'esito di Matera, ma sta di fatto che si è promessa continuità al programma generale di progetti con cui si è affrontata la candidatura.

Che sia una ricchezza quel programma tutto pesi e contrappesi è, per me, ancora da dimostrare. E chi ne dimostrerà, dunque, l'opulenza in termini di investimenti? Una Regione inevitabilmente votata alla guerra di successione? Un Comune di Perugia la cui linea culturale dorme nei sogni di un limbo iper garantista del bon ton accademico? Un Comune di Assisi che vive culturalmente della luce riflessa dello splendore del dopo terremoto? Una Provincia di Perugia che, per le materie culturali e turistiche, non esiste più? I singoli Comuni più grandi che, come d'ufficio, sono stati scritti nei progetti per fare da sponda al rilancio del capoluogo di regione?

L'impressione è che si creerà un mercato di eventi che andrà a inflazionare ciò che, già prima del progetto per la Capitale, esisteva in termini di organizzazione delle reti culturali sul territorio. Si creeranno, allora, collisioni e spinte a emergere, assisteremo al sacrificio di molte speranze. Il timore vero è che si possano generare duplicazioni e spese inutili fino alla dispersione a pioggia di risorse per evitare squilibri che si pagherebbero elettoralmente. O forse no, non accadrà niente di tutto questo e avremo, come già accade oggi, un'altra Fondazione che interverrà bene e provvidamente con soldi freschi e scelte felici nel finanziamento di progetti culturali. Compresi quelli espositivi, che nel progetto per il 2019 erano proprio assenti.

Insomma, se la morale è che non abbiamo vinto ma abbiamo convinto, dovremmo essere convinti, oggi più che mai, di avere fatto le scelte giuste e di avere messo in campo le idee più brillanti. Ma io dubito che tutti ne siamo convinti fino in fondo.

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