DIS…CORSIVO. ANNI COME SECOLI

DIS…CORSIVO. ANNI COME SECOLI
NOSTRADAMUS di Maurizio Terzetti / A volte ci succede ancora di meravigliarci per la grande quantità di tempo, denaro e mano d’opera che dev’essere occorsa, secoli fa, per costruire le nostre cattedrali e i monumenti pubblici in cui si specchia il passato in tutto il suo splendore. Alla nostra epoca, fatta per lo più di solerti restauratori, viene un moto di sussiego nel pensare alla felice condizione di oggi, alle tecnologie di oggi, alle legislazioni di oggi, grazie alle quali si possono mettere le mani, in pochi anni, su capolavori costati decenni su decenni alle maestranze d’un tempo.

Ma non è così, non è assolutamente così. Se solo, infatti, avessimo gli strumenti per mettere a confronto una realtà edificatoria di ieri con una qualsiasi prassi conservativa di oggi, credo che finiremmo col convenire che c’è voluto, non in assoluto ma relativamente ai parametri dati, più tempo per terminare certi restauri che per costruire, qualche secolo fa, i preziosi manufatti.
L’ultimo caso che spinge a una considerazione simile è quello del recupero delle ex “Palazzine” della Rocca Albornoziana di Spoleto. Quando, a gennaio di quest’anno, si annunciava con grande enfasi che era in arrivo una pioggia di milioni per il recupero dell’ex carcere femminile e dell’ex residenza del direttore, venivamo a sapere dal sindaco di allora – Benedetti – che il processo di richiesta di riassegnazione dei fondi aveva avuto inizio nel 2011. Oggi ci viene comunicato che quel restauro slitta perché lo stanziamento salutato con la danza della pioggia si è rivelato incompatibile con le finalità commerciali che il Comitato paritetico composto da Comune di Spoleto, Regione e Mibac intende perseguire nei due edifici. Mentre le risorse vengono dirottate su mura, torri e parco della Rocca con consegna teorica dei lavori ultimati entro il 2017, per le “Palazzine”, cominciandosi oggi un nuovo percorso amministrativo, non c’è ovviamente data né d’inizio né di termine dei lavori, ma solo l’unità d’intenti intorno al “project financing”, cioè a una “operazione di tecnica di finanziamento a lungo termine in cui il ristoro del finanziamento stesso è garantito dai flussi di cassa previsti dall’attività di gestione dell’opera prevista nel progetto”.
Non me ne vorranno a Spoleto se ho preso una loro vicenda di difficile soluzione come paradigma delle ambiguità della nostra epoca, così sicura di sé dal punto di vista del restauro ineccepibile e così fragile di fronte al suo patrimonio culturale. Gli esempi, del passato e del presente, si possono moltiplicare fino a comporre un elenco sterminato: vedremo quanto tempo ci vorrà, per fare un altro esempio, per dirimere la questione perugina dell’Ostello in faccia a San Bevignate.
Per la nostra epoca, gli anni sono secoli e i decenni millenni. Proviamo, se ci riusciamo, a ragionare in termini di giorni, di settimane, di mesi per poter completare i restauri – nei quali soli siamo specializzati – in tempi meno biblici?

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