Dis…Corsivo. C’era una volta il Cerp

NOSTRADAMUS di Maurizio Terzetti / Qualcuno, nei giorni scorsi, è tornato a parlare del CERP, il Centro Espositivo della Rocca Paolina, triste e degradato dopo la soppressione delle competenze della Provincia di Perugia in campo culturale. E, ancora più triste del declino della struttura, a me è apparso il tono con cui qualcuno pensa di far tornare alla ribalta il Centro Espositivo. Si dice che possono bastare alcuni interventi sul sistema d’illuminazione e poco più a carico di alcune Sale, nelle quali letteralmente piove, per poter rendere di nuovo fruibile, forse con la regia del Comune di Perugia, una struttura che, appetita da molti, da altrettanti, nei ultimi tre decenni, è stata snobbata e mantenuta a grande fatica dalla Provincia di Perugia. E, sempre con la stessa faciloneria, si fanno intravedere meraviglie speleologiche che potrebbero aggiungersi al Cerp rinato: qualcuno ha scoperto – ma da quanto, signori, lo sappiamo? – che dietro una parete dell’ingresso del Cerp c’è, murato, un vecchio portale che chiude un prelibato sotterraneo verso via Bonazzi.

Tutto qui: al resto penseranno – pare di capire – Comune di Perugia e Regione, saltando del tutto – anche questo stando ai “si dice” – la Provincia, che comunque, in una col Palazzo di residenza, è proprietaria del Cerp.

Ma il Cerp non si può inventare da un giorno all’altro, con una ricetta qualunque, tutta da venire, sia quel che sia. Il Cerp è un delicatissimo anello di congiunzione tra la Perugia dell’Ottocento e la città dei Baglioni, è la sutura che mani tardo ottocentesche hanno dovuto fare con la storia medievale che tendeva a rispuntare fuori dai sotterranei della demolita Rocca di Paolo III Farnese.

Perché, dunque, non avere rispetto per questa antica devozione laica nei confronti di più antiche memorie? Non siamo forse andati noi a turbare il sonno secolare, millenario se pensiamo agli Etruschi, che dormono i muri infossati dentro le propaggini del Colle Landone?

E, poi, qual è l’idea per far rinascere il Cerp? A Perugia nessuno ne ha mezza che sia mezza, chiunque parla di progetti ad uso della città bluffa, ognuno pensa di riprendere il vecchio filo espositivo e di svolgerlo senza rispetto per il percorso che la tela del Cerp ha fatto con la Provincia di Perugia, contando – quel soggetto – sul fatto che potrà esibire – sai che sforzo! – mostre di maggiore capienza di quelle che ha realizzato la Provincia negli ultimi tre anni, quando l’ente ha lavorato a costo zero o giù di lì, costrettovi anche dall’insipienza della propria casta amministrativa, sempre profondamente ostile alle politiche culturali.

Nessuno può, con spontanea ragionevolezza, puntare sulla successione del Cerp al Cerp, quello di essere un luogo per attività espositive non è un destino del Cerp, ma il portato di vecchie scelte politiche fatte da Umberto Pagliacci all’inizio degli anni Ottanta del secolo scorso. Oggi, molto probabilmente, quelle scelte vanno sottoposte a profonda verifica, a compiere la quale ha titolo, prima di tutto, la Provincia di Perugia, che non potrà svolgere più un ruolo culturale, d’accordo, ma che vanta il Cerp, come tutto il sovrastante Palazzo, fra i beni del suo patrimonio. E l’oculatezza nelle scelte patrimoniali vale, forse, quanto e più di quelle in materia culturale. Pagliacci, a suo tempo, ha compiuto prima di tutto una grande operazione su un pezzo buio e freddo del suo patrimonio, in linea con la strategia complessiva del Comune di Perugia di aprire il percorso mobile di Piazza dei Partigiani. La “cultura”, le mostre, sono venute dopo, sulla scia di un investimento patrimoniale e urbanistico insieme. Esattamente il contrario di ciò che sta per succedere oggi, che il Comune di Perugia non ha una strategia d’insieme per la Rocca Paolina, che la Provincia è facilmente strangolabile, che la Regione deve ancora dimostrare di puntare su un progetto e non su un accomodamento bonario fra le parti.

Tanto per dirne una: da quanti anni, alla faccia di chi crede oggi di avere scoperto il passaggio per via Bonazzi, illustri e onesti progettisti stanno perorando, inascoltati, la causa della praticabilità del passaggio bypassando il famoso portale – che dà nel caveau di una Banca – con un ingresso dal soprastante Largo della Libertà?

Ecco, se proprio vogliamo tornare a parlare del Cerp in maniera progettuale e non clientelare, perché non ripartiamo da questi elementi conoscitivi veri, fondati su ricerche ineccepibili, orientati a scoprire attività diverse, nel Cerp, da quelle, un po’ stantie, di carattere espositivo? E chi può suggerire, in specie alla Provincia, che il suo Cerp fa parte integrante della straordinaria ricchezza ottocentesca del Palazzo di residenza, per cui la promozione integrata delle due architetture potrebbe essere un investimento di grande effetto patrimoniale?

In ogni caso, bisogna lasciarsi un tempo adeguato per progettare, ma già l’anno dell’agonia della Provincia volge al termine ed è anche passato un anno dall’insediamento dei nuovi Priori di Perugia senza che si sia approfittato per ragionare fra galantuomini del futuro del Cerp.

Il pericolo di infastidire, al Cerp e nella Rocca, le anime sepolte sotto i quartieri dei Baglioni sta crescendo e, considerando che quelle erano anime guerriere, non starei a provocarle inutilmente con la prosecuzione, in superficie, di fastidiose attività senza nerbo.

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