L’UMBRIA IN COSTUME

di Maurizio Terzetti / Più che a un calendario, somiglia a un affresco il quadro uscito dal lavoro della III Commissione regionale che ha portato a compimento quella “disciplina delle manifestazioni storiche” prevista dalla legge 16 del 2009 potendo disporre, per il 2013, di finanziamenti molto ridotti rispetto agli anni precedenti.
La tinta più forte la dà la Quintana e robuste pennellate vengono dalla Corsa all’Anello e dal Mercato delle Gaite di Bevagna; colori accesi, ma non accesissimi, ha il Calendimaggio di Assisi.

Da qui in poi l'affresco si fa più delicato e comprende i colori dei Giochi de le Porte di Gualdo Tadino, la Giostra dell'Arme di Sangemini e la Donazione della Santa Spina di Montone; angoli di pittura sono disegnati dal Palio dei Terzieri di Città della Pieve, dal Palio dei Terzieri di Trevi e dal Palio dei Colombi di Amelia; restano in piani più lontani della pittura la Festa di Settembre di Fine 800 di Umbertide, il Palio dei Quartieri di Nocera Umbra, Hispellum di Spello, la Fuga del Bove di Montefalco, la Rassegna delle Pasquarelle di Cascia e il Rinascimento ad Acquasparta, la rievocazione dell’Antica Repubblica di Cospaia che si tiene a San Giustino, le Giornate Medievali di Narni e la Fiera di San Michele Arcangelo di Fratta Todina.

Questo non è, ovviamente, un giudizio di merito del valutatore regionale rispetto all'impegno che in ognuna delle 19 città umbre si mette in campo per realizzare feste che hanno, come dote maggiore, la spontaneità e l'entusiasmo di tutta una comunità. Quella valutazione, però, che si basa su molti parametri socio-culturali, si trasforma anche in valore monetario: così, di fatto, si passa dai 19 mila euro dati alla Quintana ai mille che si vedranno accreditare a Fratta Todina. Un affresco a sé, come si sa, è costituito dai Ceri di Gubbio, la cui “più arcaica espressione culturale dell'identità regionale”, fa meritare a Gubbio 30 mila euro con altro strumento legislativo.

Se adesso, ricostruito il quadro, ci mettiamo ad esaminarlo più da vicino, qualche incongruenza la troviamo. Una è evidente: come si fa a tenere insieme, con tutto il rispetto per il lavoro che fanno gli abitanti di Fratta Todina, la loro Fiera con la Quintana di Foligno? Non si può, certo, con questo ragionamento, tendere ad un accrescimento dei provvedimenti ad hoc che potrebbero vantare le manifestazioni storiche che occupano i primi posti nella graduatoria, diciamo fino al Calendimaggio di Assisi.

Occorrerebbe, però, trovare dei correttivi al meccanismo virtuoso messo in piedi cinque anni fa per prendere atto, quanto meno, che, se differenze così evidenti ci sono fra la prima e l'ultima delle manifestazioni in costume, dovranno pur riposare su alcuni elementi coreografici che, senza essere enfatizzati, non vanno, però, nemmeno depressi. Lo scenario delle 19 manifestazioni premiate dalla legge regionale 16 del 2009 è bello nella sua varietà perché, realisticamente, ci fa compiere un giro dell'Umbria che altrimenti, con l'attenzione puntata ora su questo ora su quell'appuntamento, non potremmo mai fare.

Questa bellezza, però, serve a poco se, prima di tutto, non viene bene comunicata come valore complessivo del territorio umbro (e la Fondazione PerugiAssisi, ad esempio, non l'ha fatto), ma è uno strumento burocratico in mano alla Regione per garantirsi degli equilibri sullo stesso territorio. L'idea di un costante bilanciamento fra città delle due Province mi sorge tornando a scorrere quella graduatoria.

Così la bellezza diventa fastidio e la sensazione di un gioco al ribasso con le potenzialità delle Feste maggiori la legge 16 del 2009 la dà, lasciando l'amaro in bocca di un appiattimento che non fa onore a nessuno - né a chi organizza né a chi gestisce, così a Foligno come a Fratta Todina – e che si trincera dietro quella mancanza di fondi pubblici che potrebbe finire per costituire un alibi rispetto alla rigidità dello strumento legislativo.

È inutile che ci trinceriamo dietro molte parole, di legge e di dibattito consiliare, di norma e di confronto culturale: le manifestazioni storiche sono, lo sono sempre state, forme di creazione di spettacolo dal vivo che non trovano sbocchi rispetto all'impegno di quanti ci lavorano, ad un livello tra l'amatoriale e il professionale che nessuno strumento di legge, in questo caso a livello regionale, riesce a definire, a intercettare e a promuovere. Questa sì che, invece, sarebbe una modalità coerente con il significato delle manifestazioni storiche da far valere come metro di valutazione. Basta il numero delle presenze, basta il retroterra della “veridicità” della ricerca storica, basta davvero il riferimento ai “modi di vita, usi, costumi caratteristici dell'immagine e dell'identità regionale” per potersi mettere la coscienza in pace con il desiderio di fare spettacolo in costume che anima la comunità umbra? Se queste domande risultassero troppo vaghe, si potrebbe sempre scendere nel dettaglio dell'esame delle singole manifestazioni. E non è detto che questo non possa essere l'argomento di un reportage ad hoc di Nostradamus, antica presenza anch'essa in costume di queste cronache che vado scrivendo

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