Dis…corsivo. Greccio

NOSTRADAMUS di Maurizio Terzetti / Il nome di Greccio sa talmente di universale che sarebbe mistificatorio chiamarlo in causa per ribadire l’unità umbro-sabina. Se lo faccio, se mi sposto sul suo confine con la Provincia di Terni, è per il debito di universalità che solo i centri più piccoli e appartati conservano nei confronti di ciascuno di noi. Allo stesso titolo di Greccio, Assisi è immensa proprio per la sua natura minimale di borgo di collina e San Francesco ha visitato, in ogni luogo in cui è stato, proprio gli spazi più ridotti e ristretti, ha praticato i cammini più impervi e decentrati, ha raggiunto l’obiettivo della preghiera giungendo nelle città dai boschi, si è ritirato nei luoghi dove meno il clamore delle folle poteva raggiungerlo.

Per questo, la profonda teatralità medievale del suo gesto di ordinare per la prima volta un presepio è eccezionale: non è predicazione alla folla, ma è ispirazione presa dalla folla, non è ammaestramento delle genti, ma richiesta della loro partecipazione al mistero, non è esortazione, ma invito a fare e a disporsi sulla scena della vita con la mente e il cuore rivolti all’infinito che si cela dentro una notte d’inverno, in Occidente.

Per tutti questi motivi, parlerò qui solo del breve sentiero che, passando dai Prati, unisce Stroncone a Greccio. Non è un cammino in torpedone, di quelli che, pure, con il giusto risalto, tengono unite l’Umbria e la Valle Reatina nel nome di San Francesco. Sono 13 chilometri di sconcertante semplicità, dai quali sono tentato di prendere l’esempio, anche contravvenendo al mio impegno di partenza, per affermare la profonda unità dell’Umbria e della Sabina.

Quando si percorre quel sentiero, con le tracce lasciate da San Bernardino da Siena più fitte dei boschi attraverso i quali si passa, si ha la certezza di appartenere a un unico ambiente, a una sola casa. E questa dimora solo per avventura è quella umbro-sabina, perché, in realtà, è quella universale che, con altre caratteristiche ambientali, potremmo trovare in ogni angolo del mondo allorché ci disponessimo con il cuore sgombro da particolarismi e sentissimo di poterci salvare o perdere tutti insieme, tutti insieme a costruire una natività o tutti insieme a tormentarci con gli egoismi dei quali siamo portatori.

Una volta arrivati a Greccio, potremo compiere il pellegrinaggio dei luoghi santi del francescanesimo, da Poggio Bustone a Fontecolombo al Santuario della Foresta e nella stessa Rieti, per non citare che i principali di un percorso molto più articolato. Nel Santuario di Greccio, a differenza che in tutti gli altri luoghi, rimane il ricordo di un’esperienza di San Francesco non dolorosa né austera, ma gioiosa ed estremamente popolare. Non c’è bisogno delle accomodanti visioni agiografiche venute sull’onda del sentimento dei secoli successivi alla vita di San Francesco per situare la nostra anima, ogni volta che si dice presepio, nel folto della natura che circonda il borgo di Greccio. Il miracolo è lì, nella natura di questa collina della valle Reatina e nella navata unica della Chiesa superiore di San Francesco, ad Assisi, nel quadro che Giotto ha dedicato allo straordinario evento della notte di Natale del 1223.

Ogni borgo del mondo, ben oltre i pur importanti obiettivi della “grande Umbria con la Sabina”, dovrebbe essere gemellato con Greccio per un tributo alla più incontenibile lacrima di commozione e di gioia che ognuno, in ogni religione e in ogni cultura del mondo, almeno una volta ha versato nella sua vita pensando a una vita che nasce.

Per ora, con grande felicità, prendo atto che Greccio è gemellata con Betlemme dal 1992, con San Donato Val di Comino dal 2005 e, con lo zampino di un sindaco venuto da Assisi, con Guardea, in Provincia di Terni, dal 2010.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.