DIS…CORSIVO. IL PIACERE (PROBLEMATICO) DELL’ONESTÀ

NOSTRADAMUS di Maurizio Terzetti / Chissà da quali lontane propaggini morali arriva fino al nostro dibattito politico e, di più, sindacale, la centralità del valore di essere onesti? Nella commedia “Il piacere dell’onestà”, Luigi Pirandello fa dire al personaggio Maurizio (Setti): “Eroi si può essere una volta tanto; galantuomini, si deve essere sempre. Il che non è facile”.

Oggi, 100 anni dopo, sembra che la politica sia così malata, tutta, di titanismo che quando si nomina l'aggettivo “onesto” non si pensa a far valere il modello del “galantuomo”, ma quello dell' ”eroe”. E così la frittata ideologica è pronta da accomodare nella padella, fare addensare, rigirare, saltare, rendere croccante e deporre sul piatto. Gli “onesti”, per qualunque parte politica o sindacale siano stati invocati, sono il riscatto retorico della mediocrità delle ideologie, i paraventi fumosi dietro cui nascondere cattive coscienze, le molle allentate di una tensione morale non più credibile. Basterebbe indicare, senza perentorietà né faciloneria demagogica, la via maestra dell'essere galantuomini, sapendo, come avvertiva Pirandello, che lì stava e sta la difficoltà, ma anche la prova che rende ancora un po' credibili le parole equilibrate e sconfessa del tutto gli anatemi contro i privi di onestà che ogni tanto - è successo nei giorni scorsi - vengono scagliati nel cielo multimediale.

Che piacere può mai esserci nell'autodefinirsi onesti se la supposta onestà non ti viene riconosciuta che dai tuoi simili nell'ideologia e dai tuoi seguaci nel fanatismo? Forse, oggi, il piacere dell'onestà risiede nel percorso che porta a scoprire, anche fra parti sociali in lotta fra di loro, comportamenti dotati di rettitudine, atteggiamenti di misura, azioni da apertura di credito, segnali di disponibilità, messaggi di intesa per collaborazioni autentiche allo sviluppo. Non può più essere, la società attuale, un campo nettamente separato fra il bene e il male, non si può essere manichei fino al punto di negarsi la vista di una società che ci sopravanza verso territori nei quali le battaglie politiche e sindacali di oggi non sono altro, per colpa dei capi delle fazioni, che contese personali, mezzi per affermare e imporre la propria persona, ruggine antica che invano si tenta di spacciare per moneta rivoluzionaria.

Basta, dunque, di utilizzare il concetto di onestà se non si è disposti a concedere che l'onestà è un movimento, come insegna Pirandello, in base al quale la persona dedita al gioco del vizio diventa l'uomo più virtuoso della scena è colui che, all'inizio, era il personaggio virtuoso decade a figura di grande macchinatore, di uomo mediocre nelle azioni e nei sentimenti.

È soprattutto questa nostra società multimediale che non rende affatto facile essere onesti: non lo sanno, i pontefici del moralismo proletario, che la loro stessa onestà è messa a durissima prova dal comparire, come macchiette di un lontano operaismo, nelle trasmissioni televisive e nei salotti che fanno audience? Perché cercare a tutti i costi una nuova verginità accalorando con strategie estremistiche operai già del loro incazzati e però capaci di esprimere autonomamente una loro valutazione della crisi? Perché cercare a tutti i costi il sangue sulle piazze quando si sa che, per certi pontefici, quell'eventuale sangue sulle loro teste sarebbe ben presto ricoperto dal trucco e dal cerone che ti mettono per andare sotto i riflettori dei talk?

Lo specchio dell'onestà smaschera più di quanto illumini un riflettore di Bruno Vespa. Non si può reclamare l'onestà senza poi, soprattutto chi la reclama, riuscire a comportarsi con coerenza estrema da persona onesta, ripudiando, ad esempio, la partecipazione ai talk che sono una riserva di improntitudine: “Guardi” dice Baldovino nella commedia di Pirandello “l'onestà, così come lei la vuole da me, che cos'è? Ci pensi un po'. Niente. Un'astrazione. Una pura forma. Diciamo: l'assoluto. Ora, scusi, se io devo essere così onesto, bisognerà pure che io la viva - per così dire - questa astrazione; che dia corpo a questa pura forma; che io senta quest'onestà astratta e assoluta”. Altro che demagogia per strappare consensi! L'onestà detta regole sociali durissime e chi - demagogo o borghese - vuole, o può, giocare questa partita, prego, s'accomodi.

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