Dis…corsivo. Tra Firenze e Roma

NOSTRADAMUS di Maurizio Terzetti / Esattamente 150 anni fa, Firenze diveniva “sede temporanea” del governo italiano. Il capoluogo toscano sarebbe rimasto capitale d’Italia fino all’intero 1870, per cessare definitivamente di esserlo a metà dell’anno dopo, ricevendo, a luglio 1871, il riconoscimento di “benemerita della nazione per la liberalità e il patriottismo” dimostrati nell’occasione e, soprattutto, vedendo l’avvio di una grande opera di modernizzazione urbanistica nota con il nome di “Risanamento di Firenze”.

Roma divenne capitale al termine di questo passaggio geografico e istituzionale, colmando il vuoto culturale per il quale aveva operato l’intero Risorgimento e caricandosi di progressi e contraddizioni che ancora oggi non finiscono di stupirci e, talvolta, di farci inorridire.

Oggi, Firenze e Roma, in base alla riforma delle Province, sono due città metropolitane, due capoluoghi, cioè, di aree talmente vaste che implicitamente rompono l’equilibrio delle Regioni di cui fanno parte e rimettono in circolo energie e potenzialità territoriali finora inesplorate nella tradizionale divisione dei confini di Toscana, Umbria, Marche e Lazio.

L’Umbria di domani nascerà da questo nuovo posizionamento del futuro metropolitano delle due antiche capitali del Regno, un tempo, forse solo fino a ieri, signore incontrastate dell’Italia centrale e oggi, inevitabilmente, costrette a fare i conti con la crescita dei territori mediani che, dall’Etruria alla Sabina, da un mare all’altro dell’Italia di mezzo, sono maturi per un protagonismo territoriale di ben diversa consistenza da quello che ereditiamo dal clima post risorgimentale di 150 anni fa?

Ci suggerisce questa domanda, con pacatezza ed eleganza, la Presidente dell’Assemblea legislativa dell’Umbria, Donatella Porzi.

Efficace nel rispondere alle domande che le venivano poste durante la conferenza stampa di fine d’anno tenuta ieri mattina, la Presidente ha trovato il garbo per farci capire che il Consiglio regionale dell’Umbria il problema della macroregione se lo sta ponendo, eccome, anche se ancora il dibattito sull’argomento, calendarizzazione in Aula a parte, è moderato e guardingo nella società e nelle comunità locali.

Ma l’accenno da lei fatto a una grande area geografica “tra Firenze e Roma” è molto di più di una semplice indicazione geografica, è una prospettiva di lavoro, è quanto meno espressione dell’acquisizione di una metodologia, è sicuramente un suggerimento che denota intelligenza politica e sensibilità culturale.

Donatella Porzi ha parlato, con equilibrio, da imparziale rappresentante dell’Assemblea, per cui c’è da pensare che l’indizio “tra Firenze e Roma” sia partecipato e condiviso, almeno nelle grandi linee, dal Consiglio regionale dell’Umbria nel suo insieme.

Alcuni segnali, anche dalla minoranza, sembra siano venuti, alcuni territori stanno cominciando un percorso di confronto con le rispettive comunità di qua e di là dai confini consolidati delle regioni contermini, alcune posizioni politiche, finalmente, si stanno ponendo lungo la ricerca dell’integrazione territoriale non solo come economia di scala rispetto ai servizi, ma anche come affinità e corrispondenza socio-culturale.

Il 2016 sarà, dunque, un anno di grande intensità sul piano della ricerca della più felice ricomposizione dell’Umbria di domani: gli schieramenti si chiariranno, le classi politiche locali s’interrogheranno, non mancheranno colpi di scena, inattesi dietro front, condizionamenti dal centro, tentativi – da parte di Firenze e di Roma – di sentirsi ancora capitali dell’Italia centrale oltre che – ottocentescamente – dell’Italia tout court. Saranno sforzi vani e inutili perché, con la cancellazione delle Province, quell’Italia non esiste più e con ciò, forse non voluta, è stata messa in circolo una linfa di modernità istituzionale e territoriale senza precedenti, della quale le comunità locali di Toscana, Umbria, Marche e Lazio non tarderanno a farci sentire la ricchezza e la fecondità, anche nell’interesse di Firenze e di Roma.

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