DIS…CORSIVO. UNDICI PECCATI E UNA VIRTÙ

NOSTRADAMUS di Maurizio Terzetti / Del settecentesimo anniversario della nascita di Dante Alighieri, caduto nel 1965, ricordavo fino a poco fa solo la riproduzione in facsimile della prima edizione a stampa della Commedia, vanto culturale della città di Foligno.

Adesso scopro – ma in quell’anno non avevo conosciuto la cosa – che un’altra, diversa operazione editoriale umbra ha reso omaggio al grande poeta: il calendario di Frate Indovino del 1965 è interamente dedicato al “Mondo d’oggi all’Inferno…di Dante”. Al Dante di Foligno si aggiunge, dunque, nel ricordo, il Dante di Cerqueto, in onore di Padre Mariangelo, al secolo Mario Budelli, per la storia Frate Indovino, che di Cerqueto era originario.

Avere scoperto questo delizioso specchio di cinquant’anni fa che è il calendario di Frate Indovino del 1965 colma una lacuna nel mio cuore e accende una fiammella nella mia fantasia, adesso per allora.

Di allora, appunto, non ricordo che quel calendario sia stato presente in casa mia, a differenza, magari, di altre annualità che mia madre appendeva in cucina e consultava regolarmente, segnandoci su alcuni appunti domestici, ai quali ognuno di noi, ogni tanto, dava un’occhiata.

Sì, sono proprio sicuro di non avere mai sfogliato quel 1965 di Frate Indovino. Me ne sarei ricordato, me ne ricorderei. È un’opera troppo viva, spessa, brillante, espressionistica e drammatica perché si possa pensare che sfugga all’animo acceso di fantasie di un adolescente di allora, a qualunque formazione culturale egli abbia dovuto prestarsi.

Ecco la copertina. Il simpatico faccione barbuto del frate abbozza il suo mite sorriso di sempre e mostra la Terra con la destra ben aperta e il cannocchiale puntato sul globo. Solo che, a differenza di tante altre illustrazioni, stavolta il pianeta e la ruota con i segni zodiacali bruciano dentro altissime fiamme sotto lo sguardo, accigliato e verdastro, di Dante Alighieri.

Come si è potuto pensare, mezzo secolo fa, di dare ai lettori e ai fedeli utilizzatori della bonomia cappuccina una narrazione tanto aspra e sferzante, dei quadri, a mano mano che si sfoglia il lunario, sempre più dipinti a tinte fosche?

Certo, il titolo dato all’opera lasciava spazio a poca indulgenza: si trattava, infatti, di erigerlo a condanna senza remissione dei più gravi peccati avvertiti nella quotidianità di mezzo secolo fa.

Così l’Italia del boom economico, il “mondo d’oggi” del 1965, era condannato da Frate Indovino all’Inferno per i seguenti peccati, uno per mese, tranne l’ultimo che raffigurava l’uscita dall’Inferno: gennaio, la cupidigia; febbraio, i vigliacchi, che, per ulteriore chiarezza del lettore popolare, sono rappresentati, in un cerchio azzurro, da un uomo che dichiara “Io non voto”; marzo, i sofisticatori, che hanno, dentro un cerchio giallo, un cuoco in atteggiamento di sospette cucine; aprile, i rapidi guadagni; maggio, i profittatori, con un commerciante in atto di truccare il peso sulla bilancia; giugno, la bustarella, con un rapido passaggio di mano di un foglio di qua e di là di una scrivania; luglio, un mostro terrificante, l’orrido in sé; agosto, la stampa galeotta; settembre, gli orgogliosi, che non si abbassano a fare la carità; ottobre, gli indovini, che mescolano cattive intenzioni a pratiche di pacifica investigazione del creato; novembre, gli opportunisti, che per amore del denaro rinnegano la fede.

Questa, dunque, era l’Italia di cinquant’anni fa secondo Frate Indovino: avida e vigliacca, contraffattrice e dedita ai facili guadagni, approfittatrice e corruttrice, peccatrice e pornografica, sprezzante, pagana e opportunista.

Sono convinto, però, che il buon frate di Cerqueto volesse solo avvertire i suoi fedeli lettori dei rischi che una società in rapida evoluzione consumistica come quella di allora poteva correre.

E, come al solito, la preveggenza inisce per colpisce oggi, a distanza di cinquant’anni, oggi che il mondo in cui viviamo è scivolato molto, molto più a fondo nei vizi denunciati allora.

Così la salvezza contenuta nel quadro finale – in quel dicembre 1965 in cui Dante e Beatrice si sono elevati sul male e guardano la corsa dei pianeti nell’universo, Terra compresa – mi ha fatto pensare, cinquant’anni dopo, alla visione virtuosa che proprio in questi giorni abbiamo avuto del piccolo Plutone, ai confini del nostro sistema solare, e di quella Terra che tanto ci somiglia, al di là del nostro sistema solare.

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