DIS…CORSIVO: PASSERA’

Maurizio Terzetti / Ultima viene la grammatica, ma ormai sarebbe ingenuo dolersene. Prima viene la creatività, ma ormai sarebbe ingenuo cadere nel trabocchetto. Corrado Passera non ha esitato a sfidare per l’ennesima volta l’ingenuità degli italiani e ha proposto una rottura linguistica ardita per battezzare il suo movimento-partito: “Io siamo”. A me, dopo la sortita perugina del banchiere-manager-politico, il gioco della forma verbale eccentrica è piaciuto così tanto che ho provato a proseguire nel sollazzo glottologico cercando di interpretarne lo spirito di fondo.

La coniugazione del presente indicativo del verbo essere, secondo Passera, parte da “Io siamo”, cioè dalla fusione immediata, fulminante, fra l’estrema individualità deresponsabilizzante del pronome singolare e il massimo coinvolgimento nell’assunzione delle responsabilità data dal pronome plurale: la solitudine e il gruppo, l’isolamento e la partecipazione. Certo, “l’Io” è anche l’Ego di Freud e “siamo” è anche un plurale maiestatis che neppure il Papa utilizza più, ma per questa via siamo fuori pista, non è vero dottor Passera?

Se “Io siamo”, allora “Tu siete”. Qui azzardo: il soggetto virtuoso, che è se stesso e il suo gruppo, è forse incerto se dare del tu o del voi a quelli che intende far entrare nel proprio movimento-partito? Sta dunque, quel soggetto politico, in una esilarante difficoltà comunicativa.

Se “Io siamo” e “Tu siete”, allora “Egli sono”. Qui la formula diventa vagamente ottocentesca, in ogni caso un segno distintivo e, quasi, di deferenza, sembra la chiusa rispettosa di un epilogo tardo manzoniano.

Passiamo al pronome personale plurale. “Noi sono”. Ho un attimo di esitazione. Mi sembra il palindromo dello slogan trainante: il gruppo si sente un po’ confuso e cerca, per un momento, di ritornare nella sua aseità. Si spera che sia un momento e che, soprattutto, il gruppo non s’incrini.

Se “Noi siamo” – e se, soprattutto, riesco ancora a farmi capire -, allora “Voi sei”. Il movimento-partito è strutturato in falangette di sei unità e con quel piglio: “Voi sei” uno dei dodici esponenti dello Start up team si rivolge al gruppo allargato (per ora formato da un esoterico numero di “100 Unici”)?

Il paradigma si conclude con “Essi è”. Metafisica. Siamo in un’aureola di misticismo. Tutto ciò che è squadernato per l’universo torna a una radice unica e inconfutabile, perenne ed esistente: il movimento-partito “è”.

Con quanta iattanza, al confronto, Giancarlo Fini ha tentato di ridiscendere in campo! Lì, da destra, altro che sottigliezze glottologiche di centro aureolato, lì giudizi molto trancianti: “La discesa in campo di forze extra politiche si scontra con due dati: il fallimento di ‘Scelta civica’ e il fatto che Renzi abbia riportato il suo partito, e quindi la politica, al centro”.

Renzi avrà anche riportato la politica al centro, ma certo non gli è riuscito di intercettare una coniugazione del verbo essere così innovativa e, soprattutto, completabile da ognuno di noi per puro spirito di partecipazione come ha fatto Passera. Io, ad esempio, ho provato a dare la mia coniugazione, ma è assolutamente possibile e auspicabile che ognuno, dietro tanto seme sparso da “Italia unica”, dia il meglio della propria grammatica, compresi i tanti illetterati che girano per le stanze della politica.

Sarà quel che sarà, ma a proposito di futuro, di semplice futuro semplice coniugato come vuole la grammatica italiana, avete riflettuto su qual è la prima persona singolare del verbo “passare”? Per tutti noi che non facciamo parte di “Italia unica” è “Passerà”. Per Corrado Passera, ad evitare ogni triste presagio, dovrebbe essere “Io passeremo”. Meglio, molto più rassicurante

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