Dis…corsivo. Dentro l’accampamento

NOSTRADAMUS di Maurizio Terzetti / Di ritorno dal mio viaggio nella Sabina e in attesa di riunire in nuovi articoli gli appunti nati lungo le vie più interne della Provincia di Rieti, mi imbatto nel battage che si sta di nuovo facendo intorno allo spostamento della fondazione di Foligno da Santa Maria in Campis, nel Tardo Antico, al centro stesso dell’attuale città, nel terzo secolo A.C.

La questione è meno accademica di quello che, a prima vista, si potrebbe supporre. Abituati a secoli di ricerche erudite e fuori controllo, spesso, rispetto alle coordinate di un lavoro serio e rigoroso, rischiamo di vedere anche le ipotesi oggi presentate come appannaggio di una cerchia di specialisti e nulla più.

Gli strumenti, invece, con cui lavorano gli studiosi che si applicano al problema, nonché il loro modo di ragionare sulla base di studi che uniscono archeologia e topografia, storia e urbanistica, stringono con efficacia sull’essenza della questione, fino a permettersi di invitare il comune cittadino a seguirli lungo il cardo e il decumano e a sorvolare la zona del centro di Foligno dall’alto del fedele drone, acuto osservatore del nostro futuro più che del nostro passato.

Le immagini dall’alto che ci mandano le riprese fatte dal drone in volo assomigliano tanto e prefigurano con qualche emozione il nostro futuro: è come se chi verrà dopo di noi, fra centinaia e migliaia di anni, ci vedesse già, da lassù, vivere la nostra esistenza quotidiana, come noi, adesso, tanti metri sopra le loro teste di un tempo, siamo alla ricerca ansiosa di vedere gli abitanti militari del castrum di Foligno asserragliarsi con l’ordine, fissato dagli agrimensori, necessario a contrastare i turbolenti umbri.

A noi, quest’impresa non riesce e non riuscirà mai più. Lo sanno bene gli autori della ricerca del castrum di Fulginia, che, giustamente convinti delle loro acquisizioni basate, ripeto, su tecnica e ragionamento, sentono sfuggire la possibilità di vedere qualcosa di più dei loro veri sogni di specialisti. Devono calarsi nei pozzi lungo le strade di Foligno, eseguire carotaggi molto profondi nel terreno sotto forti e antichi palazzi d’origine medievale, hanno bisogno di finanziamenti, devono vincere la diffidenza tanto di un’opinione pubblica silente quanto di una casta di studiosi ai quali franerebbero secoli e secoli di certezze più o meno acquisite con la dovuta criticità.

I nostri studiosi – a me dà quest’impressione – sono davvero asserragliati nel castrum così ben scolpito nelle loro menti che ci fanno quasi materializzare nelle conferenze, un po’ austere, d’accordo, ma tanto, tanto, a loro modo profetiche e segnate dal desiderio di far parlare fino in fondo questa valle umbra che, in superficie, sembra così pacificata e ordinata.

Un antico assedio, una cosciente profezia, il desiderio del domani: passato, presente e futuro si ritrovano in questi termini dietro e dentro le ricerche specialistiche sul castrum alle quali non si saprebbe venire in aiuto meglio che con un consapevole farsi racconto degli studi proposti. Il che vuol dire sentirsi liberi di poter narrare le vicende degli spostamenti avvenuti tra le varie entità comunitarie, militari e civili, che hanno dato vita a Foligno, senza arroccarsi né sul fronte del castrum né su quello di Santa Maria in Campis. Qui non ci aiuterebbe nessuno scendere nei pozzi, nessun carotaggio, nessun reperto. Solo l’occhio del drone che da sempre abbiamo nella nostra mente – cioè la memoria delle civiltà passate rimasta nella nostra corteccia cerebrale – potrebbe farci prendere l’iniziativa di scrivere e di divulgare alcuni misteri – un castrum a Foligno, un tempio a Spello – nascosti sotto le belle zolle della verde valle umbra.

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