Jean Armel Drolè, un tonificante esempio di emigrazione: lui garantisce il meglio anche perché ha trovato braccia aperte

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Un simbolo dell’emigrazione povera, affamata, logorata dalla paura e dall’ ansia quotidiana. E’ bello andare a scoprire cosa si nasconde dietro le apparenze di un diciottenne che il Perugia e l’allenatore Bisoli hanno mandato sulla scena calcistica senza sottoporlo alle trafile delle squadre giovanili e delle indispensabili anticamere. Via, una spinta di incoraggiamento ed eccolo nel campionato di serie B, il primo di una carriera che è iniziata sul serio poche settimane fa proprio con la maglia del grifo. Il giovanottello, nato in Costa d’Avorio nel 1997, è…sbarcato in Sicilia agli inizi degli anni 2000. Avrebbe rischiato di diventare uno dei tanti sbandati se non lo avessero accolto i salesiani e non l’avesse protetto un oscuro mister palermitano che ne ho scarto innate doti calcistiche.

Jean Armel Drolè. Dav vero innate. Per ora quasi nessuno gli ha insegnato i trucchi del mestiere, eppure lui va in campo con suggestiva naturalezza e fa impazzire la difesa del Cesena. Sconcertata anche perché non ne conosceva nemmeno l’esistenza.

Jean Armel è poco più che un ragazzino, eppure può essere simbolico di quell’emigrazione sana che sa dare il meglio di sé e che ha pure la fortuna di trovare braccia aperte e disponibilità all’accoglienza. Fino ad agosto era il signor nessuno, adesso è un calciatore del Perugia, campionato professionistico, grandi aspirazioni accentuate, ora, anche dal suo verificato talento.

Guardarlo con simpatia è un moto davvero spontaneo. Ed è altresì immediata anche la speranza che i primo contatti con gli applausi, i consensi e qualche euro non gli inquinino la fantasia. Purtroppo (lo diciamo con delicatezza) abbiamo scoperto che ha già un agente che ne rappresenta gli interessi, L’auspicio è che lo tuteli senza gonfiargli la testa di pretese, infondendogli il rischio di valorizzare l’immediato danaro più che le doti naturali affinate chissà dove e chissà come.

Che non gli sia d’esempio, tanto per fare una citazione d’attualità, il caso del difensore della Juventus Caceres, sudamericano. Il buon Caceres , ora messo fuori squadra, ha ritenuto che il massimo, per lui sculettato,fosse comprare una Ferrari e guidarla in stato di ubriachezza. Che pessimo simbolo! Caro Drolè, guarda, medita e non copiare quel tuo collega già popolare e ricco.

Rimani te stesso. Il contratto e lo stipendio, certo, hanno un irrinunciabile senso; però perché avvelenare i doni della natura puntando soprattutto, e in fretta, alla conquista delle maxi prebende?

Auguri, Jean Armel. Che la testa si dimostra sempre pari ai tuoi piedi.

RINGHIO

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