La vicenda politico-giudiziaria del petrolio che impegna anche le dispute economiche di due Regioni, la Basilicata e la Puglia. E intanto incombe il referendum sulle trivellazioni.

Impossibile oggi fare profezie sulle conseguenze (politiche e non) della vicenda romano-lucana che ha affossato l’ormai ex ministro Guido e che ha chiamato sulla scena il ministro Maria Elena Boschi e, per autoproclamazione, perfino il Presidente del Consiglio Matteo Renzi.

Certo, attorno ad una vicenda che emette un fortissimo odore di petrolio, girano- a quanto asseriscono le notizie circolanti- personaggi politici (specie della Basilicata e della Puglia), finanzieri che manovrano il combustile da fossile, fidanzati, quasi mariti, in odore di manette (per ora negate), costruttori (più o meno palesi) di emendamenti. E soldi, tanti soldi, promessi (a chi attende lavoro e rayalties) o reclamate da quelle amministrazioni territoriali che pretendono di non venire depennate dalla spartizione della torta petrolifera che viene impastata in Lucania ,ma che, per ragioni di smistamento commerciale, deve finire nel porto di Taranto.

Una vicenda così ghiotta scatena reazioni politicamente inesorabili da parte di quelle opposizioni che aspettavano soltanto l’occasione per gettare benzina sul fuoco. Strategicamente l’’’affaire’’ torna utile alle opposizioni politiche anche perché incombe cronologicamente sul referendum che il 17 aprile dovrà decidere sulle trivellazioni petrolifere. Con una frase azzeccata una volta si sarebbe detto che è come aggiungere al bianco lo splendore.

In Parlamento gli umori ribollono: sia di quelli che assediano il Governo, sia della maggioranza che, invece, fa quadrato. Bolle di sapone o più seri scricchiolii? L’interrogativo richiederebbe doti profetiche che devono cedere di fronte alla realtà dei fatti che si andranno snodando nei prossimi giorni, in concomitanza che l’eventuale irrobustirsi o con il supposto affievolirsi dell’inchiesta giudiziaria in atto.

RINGHIO

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