RASSEGNA STAMPA DEL CENTENARIO: 21 – 31 DICEMBRE 1914
di Maurizio Terzetti / Il 21 dicembre si viene a sapere quanto il conflitto sia ormai esteso, se a esso si interessa anche il Giappone: “Il Giappone ci insegna come si fa politica estera chiedendo alla Francia la cessione dell’Indocina per l’invio di truppe in Europa”. La notizia, che proviene da Bucarest ed è datata 19 dicembre, è la seguente: “Il Giappone esige condizioni ben gravi per l’invio in Europa di un’armata di soccorso.
Il giornale 'Dimineata' dice di sapere da fonte sicura che il Giappone in compenso dell'invio in Francia di dieci corpi di armata (circa 300 mila uomin)ha chiesto al Governo francese la cessione di tutta l'Indocina francese. Il Governo francese si è rifiutato, ma alcuni uomini politici, fra i quali l'ex ministro degli affari esteri Pichon, insistono vivamente perché si conceda ai giapponesi quanto essi domandano”.
In Italia, Salandra diffonde, tramite i Prefetti, la seguente circolare: “Nelle presenti circostanze internazionali è da ritenere in sommo grado pericolosa qualunque pubblicazione di notizie e di documenti relativi a provvedimenti o a movimenti militari sia concernenti il Regio Esercito sia concernenti la R. Marina, salvo quelle che siano pubblicate o comunicate dalle autorità competenti”.
In Umbria, già dal 20, Ercole Pica, sindaco del Comune di Todi, ha convocato i rappresentanti di vari enti economici cittadini per condividere la spesa necessaria ad acquistare mille quintali di grano, in modo tale che “compresi della necessità del momento”, tutti sorveglino che “non si faccia mercato di disoneste speculazioni di un genere di così grande e capitale importanza”. Nello stesso giorno, a Scheggia, si fanno grandi festeggiamenti per l'inaugurazione della luce elettrica.
Il Consiglio comunale di Perugia, invece, è alle prese con la Regificazione della Pinacoteca, operazione dalla quale, come è successo a Urbino, ci si aspetta l'apertura di grandi prospettive: “La nostra galleria verrebbe ad arricchirsi annualmente di quelle opere d'arte che fossero stimate degne di acquisto e che trovansi ancora sui mercati antiquari di Italia e dell'Estero: opere che sarebbe assurdo pensare che venissero acquistate col bilancio del nostro Comune”. Al Turreno si danno repliche della “Lucia di Lammermoor” e di “Don Pasquale”, con due artisti molto noti e apprezzati come Isabella De Frate e Piero Schiavazzi: qualcuno in città lamenta il fatto che in città non arrivino opere un po' più moderne. Nello stesso teatro arrivano, in compenso, gli oratori invitati dal locale circolo repubblicano “Guglielmo Oberdan” per fare professione di italianità intorno alla figura del “biondo martire triestino”, con un alone, che non passa inosservato, di polemica antimonarchica da parte dei giovani repubblicani.
Nell' “Unione Liberale” del 22 dicembre 1914 si legge una stima di massima, non lontana dal vero, di “quel che costa finora la guerra”: “Finora furono spesi per la guerra circa 31 miliardi e mezzo. Questa enorme somma è così distribuita tra le Poitenze belligeranti ed i neutrali: la Germania e sue alleate nove miliardi, però di questa somma l'Inghilterra ha sopportato il maggior peso poiché essa ha dovuto fornire finora ai suoi alleati ed alle due Colonie ben due miliardi. La Russia ed il Giappone dovranno presto ricorrere a lei, la prima per circa 50 milioni di sterline ed il secondo per 20. I paesi neutrali sopportano le spese per la guerra con un miliardo e 250 milioni. Queste cifre però non rappresentano che le spese liquide che si sono potute finora accertare mentre il vero costo e i danni conseguenti della guerra ammontano ad una somma maggiore poiché bisogna anche tener conto degli enormi danni economici nel Belgio, Francia del Nord, Galizia, Polonia russa, Russia orientale, nonché della ripercussione avuta dalla guerra nei commerci di tutto il mondo”.
Il giorno seguente si ha modo di riflettere sulla “feconda serenità degli italiani” in risposta al Primo Prestito nazionale emesso dal Governo italiano il 19 dicembre: “L'investimento sicuro e largamente redditizio è un ottimo affare per le banche. Ed appunto perché è un buon affare il Governo ha fatto bene a non escludere il grande pubblico dalla partecipazione al prestito. Questo desiderio del Governo ha il duplice scopo di consentire all'economia privata un buon impiego di denaro e di saggiare il patriottismo e l'entusiasmo nei sacrifici della nazione”.
Intanto, alla vigilia di Natale, in Umbria risuonano le parole del messaggio lanciato, da Assisi, dalla Società internazionale di Studi francescani, in cui si “eleva fervido voto che tutti gli Stati belligeranti – facendo eroico olocausto delle fiere passioni che ardono ed esagitano in questa tragica ora la loro anima accesa e commossa – accolgano la invocazione di sociale concordia che sorge da ogni parte del mondo, ridonando alle loro terre, ai loro popoli buoni e industri il perduto e inestimabile bene della pace operosa e feconda”.
Già il 27 dicembre, tuttavia, si dava notizia dell'occupazione italiana di Valona a protezione della missione sanitaria inviata in Albania il 30 ottobre: la neutralità italiana compiva i primi saggi d'ingresso sullo scacchiere della guerra, anche se i commenti avevano tutt'altro tenore: “La crisi politica di quello sventurato paese ha assunto solo ora una forma preoccupante per i nostri interessi. Valona e non altre: questa deve essere la massima nei riguardi del problema albanese che abbandoniamo per il momento interamente alle mene dei nostri nemici rimestatori di caos e desiderosi di trascinarci in nuovi guai” (A. Benedetti, in “L'Unione Liberale”).
In Umbria, il 28 dicembre la città di Rieti si stringe intorno a Guglielmo Marconi in occasione della sua visita in città, mentre a Perugia, nella stampa del 29 dicembre, risuona una forte eco del comizio tenuto al Turreno dal deputato socialista, intransigente neutralista e antimperialista, Arturo Caroti. Durante il suo intervento c'erano state ampie provocazioni da parte di futuristi e giovani repubblicani al grido di “Silenzio, che ora parla carota” sfociate in disordini e terminate nel comizio incentrato sul tema “Il proletariato nell'ora presente”.
L'anno si chiude tristemente all'insegna della notizia dei primi caduti italiani nella guerra: “Il battesimo di fuoco dei volontari italiani in Francia. L'eroica morte di Bruno Garibaldi”. La notizia è del 30 dicembre: “Il primo reggimento dei volontari italiani forte di 2500 uomini, comandato dal colonnello Peppino Garibaldi, ricevette sabato il battesimo del fuoco. Il reggimento trovantesi nei boschi delle Argonne fu condotto in posizione a Belleetelle per conquistare la trincea che il giorno prima i tedeschi avevano difeso con estrema violenza. L'attacco alla trincea di forma semicircolare fu iniziato all'alba di sabato dal battaglione comandato dal maggiore Longo. Seguivano per scaglioni altre compagnie. L'avanzata fu protetta validamente dall'artiglieria francese retrostante. I tedeschi risposero all'assalto con violento fuoco di mitragliatrici poi uscirono per gruppi dalla trincea. Allora il combattimento alla baionetta divenne accanitissimo. I tedeschi indietreggiarono dopo resistenza violenta. Poco prima di mezzogiorno i garibaldini spinsersi alla destra della trincea nemica e stavano per occuparla quando con enorme fragore quella parte di trincea lunga circa 500 metri che i tedeschi avevano minato, saltò in aria. Molti garibaldini che già vi si trovavano, furono travolti dalle rovine. Complessivamente il reggimento ebbe 40 morti, circa centocinquanta feriti. I tedeschi subirono gravi perdite”.
Questo il commento dell' “Unione Liberale”: “Noi non abbiamo mai approvato che cittadini italiani si recassero in terra straniera per per offrire il loro braccio – perché il sangue italiano appartiene solo all'Italia – ma dinanzi al magnanimo sacrificio di tante giovani vite, sentiamo di dover piegare il capo commossi, salutando reverenti i caduti, resi sacri all'anima nostra dal sangue versato e dalla vita data in olocausto sull'altare di una generosa idealità”.