L’UMBRIA SEMPRE PIU’ VECCHIA

di Pierluigi Castellani

Ogni anno l’ Umbria perde seimila residenti. E’ un dato che si evince dal rapporto  del Centro studi e ricerche Idos reso noto di recente dall’ Anci Umbria. Ora la popolazione umbra è di  859.572 unità di cui ben 91.658 straniere, dal che si deduce che senza l’apporto degli immigrati gli umbri sarebbero sotto la soglia degli 800.000. Questa soglia si abbasserebbe ancora di più senza questi, stante anche il saldo sempre negativo tra nascite e decessi. Se pensiamo che la nostra regione è tra le prime in Italia per popolazione anziana dovremmo comprendere, che senza un’ inversione sull’incremento delle nascite e senza l’apporto degli immigrati tra qualche decennio l’Umbria sarebbe quasi desertificata. Scenario apocalittico? Non proprio, solo un po’ di sano realismo, che dovrebbe far riflettere sulla necessità di una cultura diversa sul ruolo da dedicarsi alle politiche per la natalità e l’incremento demografico. E’ pur vero che questo fenomeno riguarda tutto il paese, e non solo il nostro in Europa, ma l’impatto è sicuramente più rilevante se lo si carica su una piccola regione come la nostra ove la presenza degli anziani, con quel che ne consegue nella necessità di servizi per farvi fronte, è sicuramente più rilevante. Altra importante considerazione che il rapporto in questione induce a fare è quando  si leggono i dati sulle imprese e sull’occupazione. Importante nell’occupazione è la constatazione che gli stranieri risultano l’ 11% degli occupati, che sono complessivamente 354.249 ,mentre la presenza degli stranieri nella regione è stabilmente al 10,7%. C’è poi da aggiungere che dall’esame più dettagliato dei dati si rileva che interi settori come quelli dell’edilizia e dell’agricoltura non potrebbero sopravvivere senza la presenza straniera. Questo la dice lunga su quali siano i settori produttivi snobbati dai giovani umbri, che prediligono lavori meno esposti o ritenuti meno defatiganti. Certamente anche su questi dati la nostra regione non si discosta dal dato nazionale, ne deriverebbe  quindi la necessità di una politica della sicurezza  e della remunerazione salariale, che ridia stabilità, decoro e dignità al lavoro in tutti campi delle attività produttive. E’ ora che forze politiche , sociali e sindacali, anche della nostra regione, prendano atto di questi dati e che affrontino con serietà tutte le problematiche, che ne discendono, per dare un futuro alla nostra regione e dignità alla politica ed alle istituzioni per le quali il disinteresse della gente sta pericolosamente aumentando come il diffuso astensionismo ha dimostrato anche nelle ultime consultazioni elettorali del 25 settembre scorso.