Elezioni, il caos che ha segnato in Umbria la compilazione delle liste: la guerra fratricida e le esclusioni eccellenti

A poche ore dal gong finale, con la scadenza per la consegna fissata per oggi alle 20,  sono praticamente definite le candidature. In una corsa più ad escludere che ad includere fa rumore l’assenza quasi totale di  new entry. Anche questa volta, in Umbria, i partiti confermano volti noti e hanno preferito puntare sugli uscenti. Dal Pd (Verini e Ascani) a Fratelli d’Italia (Zaffini e Prisco), così come Forza Italia (Nevi, Polidori e Modena), Lega (Caparvi e Alessandrini), Azione di Calenda (Leonelli, Grimani e Porzi) e lo stesso M5S (Pavanelli e Liberati). Anzi, questa volta sono tornati  i “catapultati”, candidati provenienti da territori molto lontani e paracadutati in Umbria, a danno degli esponenti del territorio. La logica è sempre la stessa: tutelare i fedelissimi. Ne sa qualcosa l’attuale presidente del Consiglio regionale Marco Squarta, che si è visto scaraventare in Umbria l’ex ministro per la famiglia del primo governo Berlusconi, il 77enne Antonio Guidi. A dirla tutta Giorgia Meloni non si è limitata a candidare in Umbria l’ex ministro ma al secondo posto della lista plurinominale della Camera ha piazzato – subito dietro Prisco e davanti a Squarta –  Chiara La Porta, una “carriera” tutta fiorentina, che da qualche tempo vive a Prato, assistente del gruppo di Fdi nel Consiglio Regionale della Toscana. C’è anche chi, fino a ieri sera sperava in un cambiamento dell’ultimo minuto, che però non arrivato. E gli scontenti anche in Umbria sono tanti con qualcuno che è già uscito dal proprio partito e altri costretti ad accettare a denti stretti quello che considerano uno sgarbo. C’è poi la pattuglia di chi è stato convinto ad accettare una candidatura ritenuta impossibile e ci mette la faccia anche se non riuscirà a essere eletto, con la speranza di essere poi tenuto nella massima considerazione per incarichi futuri. Più di uno, comunque, evita le polemiche anche se non accetta di buon grado l’esclusione, come l’ex vicepresidente della giunta Marini e attuale consigliere regionale del Pd, Fabio Paparelli. La Porzi, invece, ha sbattuto la porta e si è candidata con Calenda, posto che avrebbe voluto a tutti i costi il consigliere regionale dei Civici Andrea Fora. Alla fine per l’ex “capo” delle cooperative umbre non è rimasto altro che piazzare ben cinque dei suoi tra i candidati scelti da Matteo Renzi e Maria Elena Boschi.  Tra i delusi c’è anche il sindaco di Perugia Andrea Romizi che in qualche modo ci aveva sperato, così come Marco Squarta e Alfredo De Sio di Fdi. Deluso anche il segretario regionale del Pd Tommaso Bori che avrebbe voluto togliere dalla lista Walter Verini, così come il senatore della Lega Luca Briziarelli, costretto a capeggiare la lista plurinominale del Senato senza alcuna possibilità di essere eletto. Stessa sorte è toccata a Fiammetta Modena di Forza Italia che sperava di essere indicata come capolista al plurinominale della Camera dei Deputati piuttosto che ritrovarsi nella lista del Senato dove l’elezione è impossibile. Fortemente irritato è il sindaco di Gualdo Tadino Massimiliano Presciutti che aveva accettato la candidatura nel collegio uninominale del Senato per poi vedersi sfilare il posto all’ultimo minuto dal narnese Federico Novelli, socialista. Per non parlare del patron della Ternana Stefano Bandecchi andato in bestia perché Calenda lo ritiene “un fascista” dopo un video in cui indossa una maglietta dei paracadutisti. Sembra che anche l’assessore regionale Paola Agabiti in Urbani ci aveva sperato, i rumors dicono addirittura con la Lega di Salvini. L’ira degli esclusi comprende però molti altri: alcuni sindaci del Trasimeno, dirigenti di partito e interi territori rimasti sguarniti. Per alcuni, pur restando il dolore per l’esclusione, c’è un’altra possibilità: le elezioni regionali del 2024.