I numeri che allarmano l’Umbria, pronto soccorso e terapie intensive rischio collasso. La Regione sapeva di una probabile seconda ondata.

Insieme ai nuovi contagi ogni giorno i bollettini ufficiali della Regione ci raccontano l’andamento dei ricoveri e degli ingressi nelle terapie intensive, considerati la spia principale della diffusione del virus. Sono dati utili per capire il grado di aggressività del virus e cosa ci aspetta in futuro se le misure di contenimento adottate non ne rallentano la corsa. In Umbria gli ultimi dati fotografano un’impennata di nuovi ricoveri che sta diventando di proporzioni importanti e spiegano perché ci sono i Pronto soccorso sotto assedio. A ieri sera i pazienti ospedalizzati erano 228, otto in più del picco di ricoveri durante l’emergenza sanitaria, quando la quota massima è stata 220. Venticinque sono, invece, i pazienti ricoverati in terapia intensiva con un incremento nelle ultime 24 ore di quasi il 20%. Il rapporto tra terapie intensive e ricoverati è superiore al 10%: ossia ogni cento ospedalizzati, almeno dieci hanno bisogno della rianimazione. Se accanto a questa considerazione aggiungiamo che il numero degli infetti  ricoverati cresce in maniera considerevole ogni giorno, spiega più di ogni altro dato perché in Umbria non si può perdere ulteriore tempo. Se il trend resta questo l’Umbria rischia di arrivare ai primi di novembre con un sistema sanitario difficilmente gestibile. La matematica del virus difficilmente sbaglia, non si tratta di fare allarmismo. I dati piuttosto possono essere utili a capire perché sono necessarie decisioni celeri e chiare da parte della Regione . Tra l’altro si sta verificando un fenomeno quasi naturale: la gente ha paura e corre in Ospedale. Così facendo vengono travolti i Pronto soccorso, dove c’è un super afflusso di pazienti con sospetto Covid e magari, nello stesso tempo, ci sono file di ambulanze con persone dentro che aspettano di essere visitate. Ma i Pronto soccorso non sono in grado di fronteggiare tutto questo perché i numeri di strutture e organico sono quelli di prima. Insomma la gente è terrorizzata e per la paura corre in Ospedale e così si mischiano casi di chi ha veramente bisogno con quelli che invece potrebbero essere seguiti a casa. Poi c’è il grande problema delle terapie intensive con il Decreto Rilancio del Governo che aveva previsto 3.500 nuovi posti letto che avrebbero garantito la presenza di 14 posti letto ogni 100.000 abitanti in modo omogeneo su tutto il territorio nazionale. Ad oggi di quei 3.500 nuovi posti letto soltanto la metà sono stati realizzati: pur disponendo le risorse necessarie ( 606 milioni di euro) molte regioni sono ancora lontane da quell’obiettivo fissato diverso tempo fa. Sono andate particolarmente bene Veneto, Valle d’Aosta, Friuli Venezia Giulia e Basilicata mentre tra le regioni con il minor grado di completamento c’è l’Umbria. Eppure in una delibera della Regione dell’Umbria, quella sull’Ospedale da campo – scelta che con il passare dei giorni si presenta sempre più irrazionale – di fine aprile si preannunciava la seconda ondata a ottobre. Sei mesi fa la nostra Regione scriveva che il ” consulente del Ministero della salute ha dichiarato che una seconda ondata di epidemia in autunno è più che una ipotesi”. Dopo sei mesi le terapie intensive sono ormai di fatto piene e l’Ospedale da campo che costa ben 3 milioni di euro ancora non c’è. Anzi deve ancora essere aggiudicato l’appalto, con i medici dell’ordine di Perugia che denunciano di essere stati lasciati ” allo sbaraglio”. Gli umbri sono stanchi, logorati da una prova molto lunga, hanno solo bisogno di serietà e responsabilità. Vale per tutti ma soprattutto per chi deve prendere decisioni. Non c’è più tempo per il gioco dello scaricabarile.