Inchiesta Quarto Passo, la Regione si costituisce parte civile nel processo

PERUGIA – La giunta regionale ha chiesto di costituirsi parte civile nel processo “Quarto passo”. La decisione è stata presa nella riunione di venerdì e segue la richiesta, approvata all’unanimità, formulata dalla Commissione Antimafia, presieduta dal consigliere regionale Giacomo Leonelli.  “È la prima volta – spiega Leonelli – che la Regione ha la possibilità di adottare una iniziativa inedita, ponendoci in prima linea nella tutela del territorio dell’Umbria, della sua immagine, della sua economia e del suo sistema sociale, che sempre di più necessitano di mezzi e strumenti per fare fronte ad un rischio di infiltrazione da parte di una criminalità agguerrita quanto pericolosa. Nel primo processo sulla criminalità associativa nella nostra regione le istituzioni e i cittadini devono poter fare sentire la propria voce”.

Il presidente Leonelli aggiunge che la proposta di costituzione di parte civile, “partita dalla Commissione di inchiesta e attivata dalla Giunta regionale, segna un passo importante per tutelare tutti i cittadini e le imprese che vogliono vivere nella legalità. Ove la costituzione fosse accolta in giudizio  – conclude – , tale iniziativa rappresenterebbe inoltre un passo di grandissima rilevanza per il processo in corso e per quelli a venire, con le istituzioni e i cittadini schierati fianco a fianco nella difesa dei territori, dei diritti e del rispetto delle leggi”.

Richiesta simile era arrivata anche a Palazzo dei Priori da diversi consiglieri dem. Un’interrogazione chiedeva infatti a Romizi di relazionare in Consiglio Comunale sull’intenzione del Comune di Perugia di costituirsi parte civile nel processo “Quarto passo” per le presunte infiltrazioni della ‘Ndrangheta nella nostra città e in Umbria. “Costituirsi parte civile nei processi per mafia rappresenta per le istituzioni un’azione di grande spessore ed estremamente significativa all’interno dell’impegno concreto di contrasto e prevenzione della criminalità. All’udienza del prossimo 11 luglio la Regione Umbria si costituirà parte civile, dando un segnale importante per la comunità umbra, per la magistratura e anche per le stesse associazioni criminali. Un’iniziativa inedita che colloca l’istituzione regionale in prima linea nella tutela del territorio dell’Umbria, della sua immagine, della sua economia e del suo sistema sociale, che sempre di più necessitano di mezzi e strumenti per fare fronte ad un rischio di infiltrazione da parte di una criminalità agguerrita quanto pericolosa. I consiglieri PD chiedono al Comune di Perugia di fare altrettanto, dando inoltre attuazione ad una deliberazione del consiglio comunale del 2011 grazie alla quale veniva accolta la proposta di proclamare la città di Perugia, Città ANTIMAFIA in accordo con le sensibilità espresse dalla popolazione e la volontà delle forze democratiche e che impegnava l’istituzione comunale ad adottare tutte le misure idonee a prevenire e contrastare il fenomeno dell’infiltrazione mafiosa anche attraverso il monitoraggio di procedure amministrative, assunzione del personale, concessione licenze, controllo dei locali. Sarebbe, in ultimo, ma non per importanza, il modo migliore per ricordare e onorare a pochi giorni dalla scomparsa la figura di Marco Baglioni, figlio dell’ex sindaco Mario Silla Baglioni,  imprenditore che, da vittima, per primo denunciò il sistema di presunto racket che ha portato all’inchiesta sulla ‘ndrangheta a Ponte San Giovanni, denominata Quarto Passo”.

L’ultima tappa dell’inchiesta era stato il rinvio a giudizio per 57 persone, disposto dal gup Carla Giangamboni. L’unico ad essere assolto da ogni accusa è stato William Placido, difeso dagli avvocati Panzarola e Giorni. Ad essere condannato a 4 anni di reclusione Scilanga Saverio che ha scelto la via del patteggiamento insieme a Pellegrino Salvatore (3 anni e 4 mesi) e Papagliani (2 anni). L’unica ad avere patteggiato un anno e otto mesi è stata Michela Cavalieri. L’Operazione ribattezzata “Quarto Passo” era riuscita a svelare in che modo le mani della ‘Ndrangheta avessero tessuto una stretta rete su tutta la provincia di Perugia, incoronando però il capoluogo umbro quartier generale del clan. Affiliati, fiancheggiatori e veri e propri boss, secondo l’Accusa, avevano messo radici a Ponte san Giovanni.

 

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