Isabella Dalla Ragione, l’«archeologa della frutta» che salva piante in estinzione

Il New York Times le ha dedicato un articolo, descrivendola come una sorta di eroina d’altri tempi dedita a salvare antiche specie di piante. Stessa cosa ha fatto il Corriere della Sera, esaltando l’impresa de “l’archeologa della frutta”. Lei è Isabella Dalla Ragione, umbra doc, che nell’oasi di San Lorenzo di Lerchi, nell’Alta Valle del Tevere, è impegnata da anni a ricercare e a salvare alberi e frutti perduti, quelli che un tempo popolavano le verdi campagne intorno all’Appennino umbro. E non qualche anno fa ma qualche secolo fa, come la mela “a muso di bue” dipinta nei quadri cinquecenteschi di Dürer e Pinturicchio o la “pera fiorentina” disegnata sulle volte della Palazzina Vitelli a Città di Castello o di Palazzo Bufalini a San Giustino. Più che di un mestiere si tratta di una passione: armata di forbici da potatura, ha già recuperato centinaia di varietà di piante altrimenti destinate all’estinzione, custodite nel suo giardino di con quattro ettari di bosco e altrettanti di frutteto, nel paesino in cui vive. Uno spazio chiamato “Archeologia arborea”, con 440 alberi e 150 tipi di frutta salvati da lei e da suo padre Livio, scomparso nel 2007. Una sorta di paradiso di alberi e frutti perduti, come il “fico gigante degli zoccolanti”, la “ciliegia limona” e la “susina scosciamonaca”.
Per scovare e riportare in vita questi antiche primizie, Isabella Dalla Ragione si fa lunghe passeggiate per la Valnerina, s’infila in terre e orti abbandonati, consulta antichi manuali latini di agricoltura, ascolta consigli di vecchi contadini, taglia rametti, innesta gemme. Insomma un lavoro che ha fatto crescere molto la sua “Archeologia Arborea”, tanto che nel 2014, insieme a Fao, Bioversity International e Università degli Studi di Perugia, ha creato fondazione con l’obiettivo di preservare questo paradiso dei frutti perduti. La singolare storia della “archeologa della frutta” ha conquistato anche divi del cinema internazionale
come Gerard Depardieu e Bill Pullman, Anna Galiena e Valeria Ciangottini che hanno visitato il giardino di Isabella, adottando ognuno una pianta con tanto di offerta per le cure future. Tutto questo mentre il regista Yung Chang ha dedicato un film alla sua singolare storia, dal titolo davvero emblematico: “The Fruit Hunters”, i cacciatori di frutti.
“Il guaio — ha detto l’agronoma-archeologa in un’intervista al Corriere della Sera — è che l’agricoltura industriale oggi vuole solo poche varietà e grandi quantità. Così sul mercato trovi tre tipi di mele (Golden, Stark, Rome Beauty), tre tipi di pere (Abate, William e Conference) e poi basta. A chi vuoi che interessi la pera fiorentina da cuocere? Chi le mangia più le pere cotte? O le pere palombine col baccalà? E le pesche sanguinelle in salamoia? Forse, non sono abbastanza Jashion…”. “II guaio – ha detto ancora al Corsera – è che oggi l’agricoltura industriale vuole poche varietà e grandi quantità”. Per fortuna ci sono persone come lei, che provano a rendere il mondo meno freddo.

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