Terremoto, un anno dopo è ancora emergenza e la normalità resta lontana

NORCIA – Lo scrittore Erri De Luca ha definito gli eventi sismici che nel 2016 hanno colpito 148 comuni dell’Umbria, delle Marche, del Lazio e dell’Abruzzo ‘un naufragio in terra’ perché le case sono diventate come imbarcazioni scosse dalle onde e sbattute sugli scogli. De Luca ha sottolineato che abitiamo un suolo chiamato per errore terraferma, mentre in realtà, ciclicamente la terra è scossa dalle spinte e dai sollevamenti di forze gigantesche che modellano il paesaggio nel corso dei secoli. Ora che ci stiamo avviando verso l’amaro anniversario del sisma del 30 ottobre, il più forte in Italia dal 1980, le parole di Erri De Luca invitano a riflettere e ad acquisire la consapevolezza che occorre essere lungimiranti nella imminente ricostruzione per evitare lo sperpero di risorse pubbliche nel ‘provvisorio’ e lo spopolamento di aree della fascia Appenninica, già prima del sisma colpite dall’invecchiamento demografico, dalla mancanza di posti di lavoro, dal taglio dei servizi che rendono sempre più difficile scegliere di vivere in un’area montana. Una situazione di fragilità che il sisma ha ora amplificato a dismisura.
Anche in Umbria, a distanza di un anno, nonostante gli sforzi compiuti, la sofferenza delle persone è ancora grande perché il ritorno alla ‘normalità’, per molti, è ancora lontano e, cosa più angosciante, incerto. Il terremoto, infatti, non ha sconvolto solo gli elementi geomorfologici e urbanistici ma anche le dinamiche umane, sociali, culturali e politiche. Quando le persone si incontrano non si chiedono ‘Come stai?’ ma ‘Dove stai?’ perché la risposta immediata, nella fase di emergenza, è stata l’evacuazione totale di interi centri e moltissime persone, ad un anno di distanza, sono ancora lontane dai propri paesi in albergo o in autonoma sistemazione. Secondo alcune stime il 20 per cento di quanti sono stati costretti a lasciare il proprio paese, ha già deciso di non tornare riorganizzandosi la vita altrove, in tessuti sociali nuovi e vitali, dove è possibile trovare più facilmente un lavoro stabile e offrire ai ragazzi in età scolare offerte formative più ampie. Secondo alcuni questo ‘esodo’ forzato è stato un grande errore le cui conseguenze si misureranno non nell’immediato ma a distanza di anni.

Più che nella fase della ricostruzione, dunque, siamo ancora nella fase dell’emergenza e, anche le dichiarazioni della neo commissaria Paola De Micheli, subentrata ad Errani, non sono passate inosservate, almeno sul web. Gli alloggi di fortuna (roulotte, case mobili, camper o casette pertinenziali) dove ancora vive, a distanza di un anno, chi non ha voluto lasciare la propria terra dovranno essere rimossi se non conformi alle normative vigenti. Inoltre, ha esordito il commissario De Micheli, chi ha optato per questa soluzione ‘disagiata’, dovrà rinunciare, in ogni caso, al contributo per l’autonoma sistemazione. È questo il succo del provvedimento che dovrebbe uscire a breve per dare ordine alle soluzioni abitative temporanee che i privati hanno costruito o affittato per affrontare l’emergenza del sisma 2016 ‘staccandosi’ dall’assistenza fornita dalla Protezione Civile. Una tesi sostenuta anche dal vice commissario alla ricostruzione dell’Umbria, che considerando ‘la difesa del territorio un tema di sviluppo economico’ ha sottolineato come il ‘contributo per l’autonoma sistemazione sia molto congruo’ e fornisca ‘tutte le condizioni per trovare case in affitto o sistemazioni regolari alternative all’abitazione lesionata nel tempo necessario a fare i lavori’.

Peccato che nel frattempo gli affitti siano lievitati a dismisura e sia estremamente difficile trovare case in affitto nei comuni colpiti pesantemente dal sisma, ossia Norcia, Cascia e Preci. Ecco perché Fabio G. commenta su facebook che il nuovo commissario straordinario ha invitato i terremotati ‘a vivere sotto i ponti’ perché «tutti coloro che hanno fatto una scelta di autosistemazione – spiega Fabio – saranno soggetti a sanzioni. Hai comprato roulotte, case mobili, container o altri ripari provvisori dove attualmente vivi e dove ha passato lunghi mesi invernali e dove probabilmente pensi di riaffrontarli? Allora non ha diritto al contributo per l’autonoma sistemazione. Lei lo chiama ‘assistenzialismo’… Io lo chiamo ‘diritto’. Perché avrei dovuto lasciare le mie radici? Perché avrei dovuto rinnegare la mia terra?». Ed è proprio Fabio G. che mette in atto una singolare protesta sentendosi abbandonato a se stesso: «Le macerie del 30 ottobre sono ancora qui, macerie che non hanno permesso di mettere due case su ruote nel mio terreno. Ora, ogni giorno colorerò un masso, lo farò con i colori della vostra bandiera, quella dei vostri nastri che tagliate e sorridete davanti a televisioni complici della mistificazione. Sarà un bellissimo tricolore…».

Sandro P., invece, ricorda che «in una delle prime assemblee tra amministratori e popolazioni fu affermato che l’emergenza terminava al momento dell’agibilità dell’abitazione ristrutturata o ricostruita, che ognuno era libero di scegliere la sistemazione che preferiva, che accettando il contributo per l’autonoma sistemazione si era fuori dall’assistenza della protezione civile».

Francesca D. invita la «signora commissario a mettere in conto tante, ma tante altre SAE» mentre Checca L. allude al centro Boeri costruito sotto l’area delle marcite – importante dal punto di vista archeologico ed ambientale, confrontandolo con ‘una casetta tirata su con i risparmi o una roulotte o un camper’.

«Ho l’impressione – chiosa Mariagrazia Z. – che la Commissaria non abbia capito la situazione e non abbia letto bene i provvedimenti che sono stati adottati prima della sua nomina, e credo infine che non abbia ascoltato le dichiarazioni d’impegno assunte dal Sindaco e da chi l’ha preceduta difronte alla popolazione. Se vuole dare un taglio allo sperpero forse si deve prodigare a far partire la ricostruzione leggera e a far rientrare la gente nelle proprie case». Anche Raffaele B. interviene augurandosi che «che chi sa cosa è successo spieghi alla commissaria la situazione del terremoto, i ritardi, il menefreghismo, gli scaricabarile da una parte (indovinate quale), le sofferenze, le speranze, le umiliazioni dall’altra (facile da individuare)». E così via, tanti altri commenti più o meno ironici, fino alla soluzione prospettata da Max G.: «C’è da fare subito una legge di poche righe. Il commissario per le zone terremotate e i suoi vice dovranno vivere nelle strutture destinate alla popolazione fino a quando l’ultimo terremotato non sia rientrato in casa sua» mentre Attilio C. fa una semplice constatazione: «Forse non è vero che con tutti i soldi che si spendono per parte di casette (solo per l’emergenza), alberghi ed affitti avremmo finanziato mezza ricostruzione?».

Insomma, quello che sembra mancare, è una chiara visione del presente e tanto più del futuro mentre trapela dal web una sola certezza: l’Appennino vuole e deve tornare a vivere con la sua gente. Le popolazioni colpite dal sisma del 2016 devono essere messe in condizioni di rimanere nei loro luoghi di origine o di tornare prima possibile. Serve accelerare gli interventi per uscire definitivamente dalla fase dell’emergenza perché, tredici mesi dopo le scosse, i dati della Protezione civile per l’Umbria sono davvero poco incoraggianti: 15000 gli edifici pubblici e privati danneggiati; 6519 gli sfollati; 335 le persone che vivono ancora nei container collettivi e 2604 i nuclei che hanno fatto richiesta del Contributo per l’Autonoma Sistemazione. Negli alberghi sono ancora presenti 526 persone. Anche riguardo alla consegna delle SAE, le soluzioni abitative di emergenza, in Umbria si registrano ritardi: a marzo, ad esempio, era stato detto ‘entro l’estate tutti nelle casette’ ed ora, con l’arrivo in Umbria del commissario straordinario alla ricostruzione Paola De Micheli, è stato detto ‘entro l’inverno tutti nelle casette’. Ad oggi, secondo i dati della Protezione Civile, sono 210 le SAE (le soluzioni abitative emergenziali) consegnate rispetto ad un fabbisogno di 776 ‘casette’.

Quanto alla ricostruzione (danni lievi), su 162 progetti pervenuti, ne sono stati autorizzati 18, mentre per quanto concerne quella pesante,  su 50 pratiche inoltrate, ne sono state istruite 10 e autorizzata una.

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