Umbria: un’economia col “freno a mano tirato”

PERUGIA – L’economia regionale torna a muoversi con il “freno a mano tirato”. È questa l’immagine che emerge dall’ultimo rapporto dell’Ires Cgil sull’Umbria, presentato oggi, 20 novembre, all’interno dell’assemblea generale del sindacato, che si è tenuta a Foligno, alla presenza della segretaria nazionale Cgil Ivana Galli.
Nel contesto di un’economia globale indebolita, nella quale permangono timori di una nuova recessione, le stime econometriche Prometeia, relative alle principali variabili macroeconomiche locali, confermano come il 2018 si sia chiuso con una dinamica positiva contenuta (+0,9%) e che ha acquisito un certo rilievo per effetto di un mix settoriale guidato dall’apporto positivo dei settori industriali insieme ad un solido contributo dell’export netto e degli investimenti. Riguardo al 2019, però, i dati sembrano delineare un quadro economico orientato alla stagnazione (-0,1%). La domanda interna da un lato evidenzia una crescita molto lenta nella componente dei consumi (+0,5%) mentre gli investimenti sembrerebbero in discreta tenuta (+2,6%) pur dovendo coprire un differenziale pre-crisi ancora ampio in termini negativi. Le esportazioni dovrebbero rallentare (da +6,9% a +2%), mentre aumentano le importazioni (+3,5%). “La crescita zero umbra può essere spiegata in base ad un puzzle composito e articolato di fattori – spiega Marco Batazzi di Ires Cgil Toscana, curatore del rapporto – in cui oltre all’export negativo e alla moderazione dei consumi, occorre considerare anche il ruolo rilevante del contributo negativo generato dalla variazione delle scorte, effetto del decumulo portato avanti da parte delle imprese, come reazione all’attuale fase di incertezza caratterizzante il ciclo economico”.
Se si allarga lo sguardo all’intero periodo della crisi iniziata nel 2008, risulta ancora ampio il differenziale tra il livello attuale del prodotto e quello del 2007 (-15%) ben peggiore del dato nazionale (-4,3%); anche i consumi devono ancora recuperare (-5,7%) ma sono gli investimenti a rappresentare una criticità piuttosto preoccupante (-28,3%) nonostante la risalita nell’ultimo quadriennio per effetto degli incentivi fiscali.
Riguardo all’offerta di lavoro in Umbria, in base alla rilevazione Istat sulle forze di lavoro, l’occupazione complessiva ha fatto registrare nel secondo trimestre del 2019 un incremento dell’1,6% corrispondente a circa 5mila e 600 posti di lavoro in più; tale aumento è interamente a carico della componente alle dipendenze (+3,6%) rispetto ad una contrazione del lavoro autonomo di intensità analoga, ma opposta al lavoro dipendente (-3,6%). Prosegue il lento riassorbimento della disoccupazione che, in un anno, scende di 4 decimi di punto posizionandosi all’8,6%.
L’aggiornamento dei dati sugli avviamenti di fonte Inps, aggiornati a giugno 2019, tuttavia, riporta un quadro in cui possiamo rilevare un ridimensionamento tendenziale del lavoro dipendente, che nel complesso è risultato diminuire del 9% portando il totale assunti su un valore pari a circa 43mila unità. Le assunzioni a tempo indeterminato pur in rallentamento fanno registrare una certa dinamicità (da +24% di giugno 2018 a +8,2%).
Le ore autorizzate di cassa integrazione, nel mese di settembre 2019, hanno fatto registrare una dinamica ampiamente positiva con un aumento del 28,2% arrivando così ad un livello cumulato complessivo pari a 4,1 milioni di ore.
L’attività imprenditoriale evidenzierebbe un tasso di sviluppo caratterizzato da un ritmo piuttosto modesto (+0,1%), mantenendo e confermando un orientamento sostanzialmente stagnante da ormai tre trimestri consecutivi. L’andamento di questo indicatore si collega ad un livello delle cessazioni in lieve aumento (da 4.659 a 4.709) e ad una contenuta attenuazione delle iscrizioni (da 4.823 a 4.798); in quest’ultimo trimestre la dinamica imprenditoriale sembrerebbe tuttavia peggiorata rispetto all’anno precedente (era +0,6% nel secondo trimestre del 2018).

Pil procapite 1999-2017: Umbria fanalino di coda
Nel corso della presentazione del rapporto, Mario Bravi, presidente Ires Cgil Umbria, ha illustrato una serie di dati (fonte Bankitalia) relativi all’andamento del Pil procapite nel periodo 1999-2017, confrontando i risultati dell’Umbria non solo con quelli dell’Italia e di altre regioni, ma anche con alcuni Paesi europei quali Germania e Spagna. Ne esce un quadro fortemente critico che evidenzia un distacco impressionante della nostra regione il cui rallentamento nel periodo preso in esame non ha paragoni: fatto 100 il pil procapite del 1999, nel 2017 quello della Germania è salito a 127 punti, quello dell’area Euro a 119, quello dell’Italia è tornato sostanzialmente ai livelli di partenza (100,2), mentre quello dell’Umbria è crollato a 84,8 punti.