Università a Terni, le associazioni cittadine si radunano: Quale futuro per il polo ternano?

TERNI – Quale futuro per il polo universitario ternano? Al centro di questa domanda si apre il confronto tra l’Associazione culturale per Terni città universitaria e tutte le associazioni di categoria ternane. All’incontro presente anche il presidente della Camera di Commercio di Terni, Giuseppe Flamini ed il direttore di Confartigianato imprese Terni. Un dialogo aperto, quello di venerdì, per fare non solo il punto della situazione in merito alla fase di stallo dell’università ternana, ma anche per trovare soluzioni concrete e reali sul futuro del polo.

Manca ancora la copertura per stipendiare i ricercatori (circa 510mila euro). La Regione dal canto suo e secondo quanto riferito dall’agenzia Ansa martedì, ha messo a disposizione 260mila euro per il polo didattico ternano. Ma questi soldi, dove andranno realmente a finire? Come saranno utilizzati? Sono le domande che si pongono i vertici dell’Associazione culturale.

“La presenza universitaria a Terni è venuta meno – dichiara l’Associazione culturale nella persona del Dottor Ciano Ricci Feliziani. I dati ufficiali di Istat, Miur e Banca d’Italia ci confermano non solo il crollo delle iscrizioni (-17%), ma anche che l’università umbra non è più attrattiva.  Secondo quanto riferisce il rapporto ufficiale della Banca d’Italia sull’università umbra, durante la crisi le immatricolazioni in Italia hanno segnato un crollo del 7,3%. In Umbria in particolar modo, questo dato ha raggiunto quasi il 30%. Cosa significa questo? Significa che c’è stato un calo degli iscritti a livello nazionale per le università, ma l’Umbria ha risentito di questa inflessione in modo particolare.

Sempre secondo il rapporto della Banca d’Italia, i giovani di età compresa tra i 18 ed i 20 anni non scelgono più l’Umbria come meta di studi universitari, segnando per le nostre università un crollo del 46,6%. La nostra regione non è più attrattiva. Gli studenti, anche umbri, fuggono per rifugiarsi in altri atenei, laziali o del nord Italia. E’ giunto il momento che le istituzioni locali e regionali informino i cittadini su cosa sta accadendo per l’università a Terni e sul reale stato di salute del polo ternano.”

L’Associazione è pienamente d’accordo con l’assessore alla cultura Giorgio Armillei  quando sostiene che Non dobbiamo fare copia e incolla. In Italia ci sono diversi modelli universitari che possono essere utilizzati come esperienza nella realtà ternana, anche in relazione alle possibilità che da la Legge Gelmini 240”.

Un esempio sono la fondazione studi universitari di Vicenza, l’Ateneo di Padova, il modello campus Forlì dell’Università di Bologna.

Cosa manca a Terni? Alla domanda l’Associazione risponde: “Manca una governance che abbia la facoltà e possibilità di decidere autonomamente, seppur collegato con la Regione. Un centro capace di autogestirsi e di decidere quali corsi di Laurea si possono sviluppare in relazione allo sviluppo economico e all’attrattività del nostro territorio.

Associazione culturaleLa proposta che avanziamo è la seguente: Le associazioni, costituendosi in un comitato di coordinamento, possono aprire la strada per far nascere una fondazione, che definirei “Fondazione di partecipazione”. Pensiamo ad esempio ciò che è stato creato a Foligno. La fondazione folignate ha creato per il sesto anno consecutivo il Festival della scienza e della filosofia.”

“Nella fondazione che proponiamo – continua a sostenere l’associazione – dovrebbero confluire capitali sia pubblici che privati. Gli enti locali infatti, dopo aver investito ingenti risorse sulla presenza universitaria nel territorio ternano (circa 18 milioni), non dispongono più di risorse adeguate e necessarie.

In questi giorni emerge un dato politico estremamente significativo: i gruppi consiliari che costituiscono la maggioranza di governo locale, hanno dovuto riconoscere la necessità indifferibile e inderogabile di aprire una vertenza con la giunta regionale ponendo al centro del confronto il problema della cultura dell’università e della ricerca – come stiamo facendo oggi noi in questo incontro.”

Di seguito gli interventi:

MARIO BARTOLINI, CESTRES: “La situazione è pesante. Il problema del teatro Verdi, quello della fontana di piazza Tacito sono problemi reali. In questo momento la città di Terni manca di identità. Il problema dell’Università è la collocazione e la mancanza di un progetto. Dobbiamo essere severi e trovare soluzioni.”

EDOARDO MAZZOCCHI, CENTRO STUDI MALFATTI: “Occorre una logica diversa dal passato. Va Lasciata da parte la fazione politica. Quella della mancanza di fondi è solo un alibi. Il problema dell’università è un problema che persiste da tempo. Il nostro territorio è suddito di Perugia, e la sudditanza ci mette in condizione minoritaria.

GIUSEPPE FLAMINI, CAMERA DI COMMERCIO DI TERNI: “Purtroppo sono tutte conferme di quello che sta accadendo. La cultura è un patrimonio di ogni territorio. E’ difficile  non tener conto dello scenario che stiamo vivendo. Camera di Commercio metteva a disposizione per il polo scientifico universitario nel 2008 circa 100.000 euro l’anno. Con l’avanzare della crisi, il contributo è stato diluito, poi nel 2014 è stato del tutto annullato. Quei fondi sono stati dirottati alle imprese. Noi dobbiamo puntare sulle questioni fondamentali e ritrovarsi tutti nel tavolo, nello stesso momento. Le istituzioni hanno la responsabilità di tirar fuori questa città dalla crisi culturale.”

GIOVANNI CECCOTTI, ASSOCIAZIONE CULTURALE UNIONE CIVICA PER TERNI: “La situazione ternana è disastrata. Noi osiamo definirla così. Non vogliamo corsi fotocopia come quelli di Perugia che sono stati creati a Terni. Si potrebbero creare dei masters anche con soli 10.000 euro.

PINO BELLI, ASSOCIAZIONE TERNIDEALE: “Ci sono tanti temi che meritano di essere trattati con urgenza ed importanza. Pensiamo al teatro Verdi, alle Orsoline e alla piazza Tacito. La cultura ternana ruota intorno al teatro Verdi.”

FALIERO CHIAPPINI:”Stiamo andando verso la creazione delle macroregioni. Questo crearà un ulteriore elemento di debolezza per la nostra città, ancor più dipendente da altri. Dovremmo muoverci verso la chimica verde, ed i progetti sull’area di crisi complessa. Dobbiamo rafforzare quello che abbiamo.”

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