Università, il cardinale Bassetti: “Non c’è rilancio se manca uno sguardo creativo sull’Ateneo”

In una gremita chiesa dell’Università degli Studi di Perugia si sono aperte, nella serata del 7 novembre, le celebrazioni in onore di sant’Ercolano, vescovo e martire, patrono della città e dell’Università, che si concluderanno domenica 9 nella chiesa a lui intitolata. Sabato 8 novembre (ore 18), nella cattedrale di San Lorenzo, il cardinale Gualtiero Bassetti presiederà la Santa Messa alla presenza dei rappresentanti delle Istituzioni civili del capoluogo umbro.

Ad animare la celebrazione eucaristica nella chiesa dell’Università, sempre presieduta dal cardinale Bassetti insieme al vicario episcopale per la cultura mons. Bromuri, è stato il Coro dell’Ateneo degli Studi, diretto dal maestro Silivestro, che ha eseguito anche l’Inno a Sant’Ercolano, il cui testo in latino il cardinale Bassetti l’ha donato di recente a papa Francesco, che l’ha molto gradito e ringraziato l’Università perugina. Alla celebrazione del Santo Patrono erano presenti diverse autorità accademiche, tra le quali i rettori dei due Atenei cittadini, Moriconi per l’Università degli Studi e Paciullo per l’Università italiana per Stranieri.

Il cardinale ha esordito nell’omelia (il testo integrale è consultabile sul sito www.chiesainumbria.it) richiamandosi al passo evangelico del Buon Pastore che “ci introduce magnificamente nello spirito della solennità di Sant’Ercolano, che rappresenta un momento di festa e di giubilo importante per la città e per la sua antica Università. Una città che a me piace immaginare come uno splendido anello d’oro, la cui circonferenza è rappresentata simbolicamente dalle mura antiche, e un’Università che a me piace rappresentare come una splendida gemma preziosa incastonata in quell’anello d’oro. Due realtà bellissime, dunque, che si tengono assieme in un equilibrio delicatissimo e pregiatissimo. Ed è a questo equilibrio e alla più profonda missione dell’Ateneo che si può associare il Vangelo di Giovanni. Dice Gesù: “Io sono il buon pastore. Il buon pastore dà la propria vita per le pecore”. Il mercenario invece quando “vede il lupo abbandona le pecore e fugge”. Questo è lo spirito a cui devono ispirarsi tutti coloro che hanno veramente a cuore le sorti della città e dell’Università. Uno spirito che permette di essere buoni pastori, cioè amministratori sapienti, lungimiranti, a servizio dell’istituzione e che amano profondamente il proprio gregge fino a dare tutto se stessi”.

“L’Ateneo e la città – ha proseguito il cardinale – sono dei beni altissimi, che superano le nostre singole esistenze. Rappresentano un patrimonio secolare che noi abbiamo ricevuto da chi ci ha preceduto e che dobbiamo portare in dote ai nostri figli e, anche, ai figli dei nostri figli. Questo, cari fratelli e sorelle, è lo spirito che Gesù ci invita a prendere come esempio e come guida per le nostre azioni. E questo è il punto di partenza per ogni meditazione sullo stato dell’Ateneo”.

Non ci può essere alcun progetto di rilancio del nostro Paese e della città di Perugia – ha evidenziato il porporato – se non si guarda in modo nuovo e creativo alla nostra Università. E allora, sulla scorta del magistero di papa Francesco, mi permetto di lasciare in dote alla comunità universitaria tre parole, che vogliono essere anche tre incoraggiamenti e tre momenti di riflessione. Prima di tutto, lo studio. Studiare significa sacrificio e dedizione. E al tempo stesso significa amare. Amare il bello, amare la conoscenza. Amare il luogo stesso in cui si studia. Mai come in questo momento storico, così nuovo e così inquieto, c’è bisogno dello studio. In secondo luogo, la libertà. Una libertà di essere quello che si è, senza paura di venir giudicati o messi alla berlina. Liberi di essere credenti o agnostici senza per questo creare dei muri di divisione. Liberi di poter valorizzare il rapporto tra lo studio e la vita spirituale e di poter testimoniare l’amore a Cristo e alla Chiesa. E poi i talenti. I talenti di molti giovani ricercatori. I talenti degli studenti che aspettano di essere valorizzati, scoperti, incoraggiati, coltivati. I talenti dei professori talvolta non troppo valorizzati per un lavoro fatto con passione e fatica, lontano dai riflettori e dalle luci della ribalta. I talenti, infine, di tutto il personale amministrativo che quotidianamente e silenziosamente fa muovere gli ingranaggi di una macchina complessa e articolata. Ecco, in queste poche parole, come ritorna attuale la parabola del Buon Pastore citata nel Vangelo di Giovanni. Ciò che conta più di tutto è lo spirito con il quale si opera. Se domina uno spirito da mercenario queste parole di vita eterna non diventeranno mai carne e il gregge delle pecore ben presto di disperderà”.

“Ma se invece lo spirito è quello giusto, è quello di dare tutto se stessi per il bene della collettività e delle Istituzioni – ha commentato il cardinale avviandosi alla conclusione – allora le pecore presteranno l’orecchio, sapranno ascoltare la parola del pastore fino a diventare un “solo gregge” e soprattutto saranno in grado, come ha esortato Francesco, di affrontare una delle sfide del nostro tempo: trasmettere il sapere e offrirne una chiave di comprensione vitale, non un cumulo di nozioni non collegate tra loro”.

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