Atletica, tra i 26 deferiti per eluso controllo c’è anche un umbro

Emergono nuovi particolari dalle indagini che stanno scuotendo il mondo dell’atletica leggera nostrana. Tra i 26 atleti deferiti per “elusione, rifiuto e omissione di sottoporsi ai prelievi dei campioni biologici” c’è anche un umbro, vale a dire il discobolo umbertidese classe 1985 Giovanni Faloci, per il quale, come del resto anche per gli altri, sono stati richiesti dalla Procura due anni di squalifica, e se ne saprà di più al termine del maxi processo in programma al Foro Italico. In particolare è il caso è scoppiato dalle violazioni emerse nell’ambito dell’indagine «Olimpia» portata avanti dal Nas e dal Ros dei carabinieri di Trento su mandato della procura di Bolzano, in seguito alla positività di uno degli azzurri più noti, il marciatore Alex Schwazer, riscontrata nel luglio 2012. Dal luglio 2014 poi l’indagine è passata alla Procura antidoping che ha svolto i propri interrogatori e accertamenti anche su circa un milione di mail. E adesso, per stabilire la decorrenza delle eventuali sanzioni (aprile 2012 o luglio 2014), bisognerà capire l’interpretazione che darà il Tribunale nazionale antidoping e la stessa procura in sede di dibattimento e da questo si evincerà se gli azzurri coinvolti potranno prendere o meno parte ai giochi olimpici di Rio 2016. Stesso problema anche per Faloci, che deve comunque assicurarsi in qualificazione la misura minima per andare in Brasile e che sicuramente non starà vivendo ore facili. Per lui, argento all’Universiade di Kazan 2013 e quarto classificato nella finale A della Coppa Europa di atletica leggera a Leiria 2009 nonché detentore del quinto primato nazionale in questa disciplina (record personale di 64,77 metri) sarebbe un’autentica beffa non potersi presentare all’appuntamento più importante dopo tanto lavoro. Ed ecco che il presidente del Coni, Giovanni Malagò, ha cercato dalle frequenze di Rtl 102.5 di gettare acqua sul fuoco, parlando di semplici disguidi comunicativi: “Questi ragazzi non sono delle persone che hanno barato, è semplicemente un fatto di procedure di comunicazione della loro presenza con, all’epoca, dei sistemi di comunicazione che non sono quelli attuali, come le app attraverso le quali vengono trasmesse le posizioni. All’epoca bisognava mandare dei fax che poi venivano inviati dalla Federazione alla Procura, insomma era un sistema molto poco efficiente. L’attuale Federazione Italiana di atletica leggera, non solo è totalmente estranea ma per certi versi è totalmente vittima. E’ poi molto difficile capire di cosa si sta parlando. Sono vicende che riguardano sostanzialmente il quadriennio 2009-2012, in particolare, mi sembra, 2011 e 2012. Questa parolina magica che si chiama ‘whereabout’ che è praticamente un codice che impegna gli atleti divisi su due categorie, di fascia A e di fascia B, i primi quelli di grande rilievo internazionale che sono sotto l’egida della Wada, che è l’agenzia indipendente antidoping e quelli di fascia B che rientrano nei controlli a livello nazionale”. Staremo a vedere i successivi avvenimenti, ma è certo che questa vicenda con il passare dei giorni e delle ore rischia di tingersi sempre più di giallo.

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