Il Pd verso il congresso

di Pierluigi Castellani

Con la elezione a segretario di Maurizio Martina è formalmente iniziata la fase congressuale del PD, che prevederebbe tra l’altro l’elezione del nuovo segretario con il metodo delle primarie prima delle prossime elezioni europee. Martina è stato votato sostanzialmente all’unanimità da tutte le componenti ma questo non ha rappresentato il superamento dei contrasti e delle divisioni interne. C’è stato l’intervento dell’ex segretario Matteo Renzi che ha riacceso gli animi. Renzi assumendosi la responsabilità della sconfitta non ha però fatto sconti a nessuno. Ne ha avuto per tutti compreso il governo Gentiloni, che non sarebbe stato capace di infiammare gli animi degli elettori. Gelido è stato il commento dell’ex premier che da definito l’intervento dell’ex segretario “imbarazzante”.

Con questo inizio è difficile immaginare quali saranno gli esiti del congresso. Sono però emerse alcune posizioni che certamente saranno al centro del prossimo dibattito. Innanzi tutto deve essere chiaramente definito il ruolo del PD. C’è ancora chi lo vorrebbe a vocazione maggioritaria nello spirito del Lingotto di 10 anni orsono ( una parte dei renziani), chi lo vorrebbe come perno di una riorganizzazione complessiva della sinistra che non escluda nessuno e che sia preliminare ad una ricostruzione complessiva del centrosinistra (Zingaretti) e chi vorrebbe andare oltre il PD con la creazione di un fronte repubblicano, che faccia argine al populismo e si caratterizzi per rafforzare il progetto europeo (Calenda). Credo che in ognuna di queste posizioni ci sia una parte della verità e sarebbe opportuno che nel dibattito se ne tenga conto. Infatti il PD ,se vuole recuperare consensi e fare argine al populismo dilagante, non può dimenticare di essere nato come una forza politica che voleva andare oltre la tradizionale sinistra e nello stesso tempo è evidente che sarebbe opportuno evitare ogni frattura a sinistra superando la maledizione che la sinistra da sempre si trascina nella sua storia. Ma è in ogni caso è anche chiaro che nel paese con il governo Salvini-Di Maio si sta marcando la distanza tra chi vuole rimanere saldamente in Europa e chi invece vede nell’Unione un fastidioso orpello. E quindi è necessario, se si vuole tornare alla guida del paese e fare argine al populismo, allargare il fronte in modo da ricomprendere tutti quelli che riconoscendosi in un progetto di centrosinistra vogliono superare il pericoloso stallo politico in cui oggi versa l’Italia nei confronti dei suoi tradizionali partners europei ed internazionali. C’è poi ancora un difetto di analisi sul momento attuale che si riscontra in alcune posizioni, pur apprezzabili, come quella di Nicola Zingaretti, al momento unico candidato alla segreteria  fattosi chiaramente avanti. Mi sembra infatti che in questa analisi si tenga poco conto del vento populista e di destra che sta attraversando tutta l’Europa, ma ci potremmo aggiungere anche l’America di Trump, e che è frutto di una globalizzazione selvaggia, che al momento ha prodotto gravi diseguaglianze sociali oltre che evidenti opportunità.

Il nostro paese è dentro questo processo che è pure la causa di arretramento elettorale di tutti i partiti progressisti compreso il PD. Chi infatti fa riferimento alla controtendenza che sarebbe rappresentata dall’inglese Corbyn dimentica  che il leader laburista ha comunque perso contro Teresa May e che per recuperare consensi ha dovuto annacquare e di molto il suo europeismo. Si pensi al suo quasi disimpegno nel referendum per la Brexit. E c’è inoltre un’altra questione rimasta ai margini, per ora, nel dibattito congressuale del PD ed è quella concernente la natura della destra, che sta avanzando in Italia come in tutta Europa. Si tratta di una destra, che non legge Adam Smith e che non è liberista in economia, che,anzi invece coltivando il nazionalismo sovranista, intende dare risposte non limitando il ruolo dello Stato bensì ampliandolo sia nell’assistenza e nel sociale sia nel ruolo dell’economia minacciando nuove nazionalizzazioni. Si pensi a quanto immagina di fare il duo Salvini-Di Maio ampliando il ruolo della Cassa Depositi e Prestiti, correggendo la legge Fornero e introducendo il reddito di cittadinanza. In questo modo si va verso un ampliamento, non rafforzamento si intenda , del ruolo dello Stato e quanto questo sia conciliabile con la flat tax e la diminuzione del peso fiscale per i più ricchi è tutto da vedere ed immaginare. Per combattere questa destra, che alza muri nazionalistici e che ha pasticciate e confuse ricette economiche è evidente che non basta il PD o il tradizionale centrosinistra, ma  occorre ampliare il campo con un fronte che comprenda anche forze moderate ma chiaramente europeiste. E poi lo si chiami come si vuole. Insomma il chiarimento all’interno del PD sarà necessario. Occorre però che tutti si convincano che nel dna di questo partito c’è proprio l’apporto di più culture e tradizioni politiche e non basta farle convivere perchè è necessario che da questo pluralismo nasca poi un progetto comune condiviso. Di questo ha bisogno quell’alternativa al populismo che da più parti viene invocata.

 

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