La violenza e la politica

LA VIOLENZA E LA POLITICA

di Pierluigi Castellani

Sembra essere tornati agli opposti estremismi degli anni 70 dovendo purtroppo registrare atti di violenza di opposte fazioni in questo scorcio di campagna elettorale. Secondo il Ministero dell’Interno sono settanta gli atti di violenza registrati dall’inizio dell’anno. Non è certo un bel segnale, perché significa che la campagna elettorale si sta infiammando in modo pericoloso e che frange estreme sia di destra che di sinistra pensano che è solo con la violenza che possono essere regolati  i conti e marcate le differenze, che invece in una democrazia compiuta come la nostra debbono trovare nel libero confronto la forza per affermarsi e farsi valere. Naturalmente con gli anni 70 ci sono significative differenze. Nessuno di questi atti di violenza, ancorchè pericolosi, ha assunto i contorni dello stragismo. Non c’è nulla che possa far pensare al terrorismo brigatista o alla stagione delle bombe, che hanno insaguinato l’Italia in quegli anni. C’ è anche un altro elemento di notevole differenza anche se non proprio tranquillizzante. Gli atti di violenza registrati in questi giorni sembrano ricondursi a formazioni, pur estreme, ma in qualche modo inserite nella dialettica elettorale perché in qualche modo riconducibili a movimenti che  si sono presentati alle elezioni con proprie liste per raggiungere una loro presenza in parlamento. Elemento questo non proprio tranquillizzante perché significa che questi movimenti pur non  del tutto esclusi dal confronto democratico e  trovandosi presenti nella scheda elettorale non si ritengono pienamente legittimati ad aspirare ad una loro rappresentanza. Le BR e gli estremisti di destra che hanno alimentato la stagione delle bombe non si sognavano neppure di essere inseriti in una scheda elettorale essendo il loro obbiettivo solo l’eversione e l’abbattimento dell’ordine costituito. Sembrano voler coltivare questa bivalenza, cioè di voler perseguire l’affermazione attraverso il confronto elettorale mantenendo nel contempo una porta aperta alla sopraffazione violenta dell’altro. Insomma dopo tanti anni di storia democratica del paese ci troviamo di fronte a chi non si riconosce del tutto nei valori della Costituzione e che non crede che il binomio libertà-democrazia sia inscindibile. Il pestaggio di un dirigente di Forza Nuova a Palermo e l’aggressione di militanti di Potere al Popolo a Perugia significa che nonostante i 72 anni dall’approvazione della Costituzione ancora c’è molto cammino da fare sul piano dell’educazione civica e storica delle nuove generazioni. Mettere in discussione i valori dell’antifascismo da una parte e dall’altra in nome dell’antifascismo cercare in modo violento di chiudere la bocca agli avversari significa non aver capito  niente di come debba perseguirsi la pace, la tolleranza, il rispetto delle idee degli altri ed il bene della pacifica convivenza. Ci sono responsabilità per tutto questo ? Certo che ci sono. I modelli valoriali che vengono prospettati a certi giovani non sono quelli della tolleranza, dell’apertura alle diversità, dell’impegno sociale e civile come mezzo per l’affermazione identitaria. I predicatori di odio, che alimentano paure e che su queste paure cercano di costruire le proprie fortune ci sono purtroppo e ci sono anche i negazionisti della storia, che vedono nel novecento non già i molti drammi e sciagure che questo secolo ha riservato al mondo, ma soltanto idee, ancora pericolose, di promesse palingenetiche che ancora possono attuarsi. La storia non è finita, come qualcuno malaccortamente ha voluto annunciare, ma rischia di ripetersi con una circolarità ,che anzichè innestare un spirale virtuosa, rischia di ripetersi con tutti i drammi e le sciagure già vissute nel passato. Ce lo dicono purtroppo i focolai di guerra ancora presenti nel mondo dove le grandi potenze sembrano volersi fare la guerra per interposta persona, ce lo dicono i rigurgiti neofascisti e la violenza di certi aderenti a centri sociali che in nome della giustizia sociale o dell’antifascismo non trovano di meglio che pestare di botte un rappresentante delle forze dell’ordine caduto a terra come è avvenuto a Piacenza. Insomma c’è ancora molto da fare per far prevalere le ragioni di una politica alta e pienamente democratica. L’appuntamento del 4 di marzo dovrebbe servire soprattutto a questo, ad affermare in pieno i valori della nostra Costituzione, a combattere le paure superando e governando i problemi che le fanno nascere ed a chiudere definitivamente con le pericolose ideologie che hanno infiammato il secolo scorso.

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