Renzi di nuovo alla guida del Pd

di Pierluigi Castellani

Il PD e Renzi hanno ampiamente vinto la sfida delle primarie. I quasi due milioni di elettori ,che si sono recati alle urne il 30 aprile in una domenica di ponte con la festa del 1° maggio alle porte e dopo la scissione dei bersaniani, stanno a dimostrare  che i militanti e simpatizzanti del PD si sono affezionati alla celebrazione delle primarie, che indubbiamente sono un’espressione di vera ed autentica democrazia. I quasi due milioni che si sono recati ai gazebo sono donne e uomini in carne e ossa, che si spostano da casa e si recano a votare, confermando una scelta ben più concreta ed autentica di un semplice clic come prevede la cosiddetta democrazia del web. Questo è indubbiamente un segnale positivo. Il successo di Renzi poi che con il suo 70% ha prevalso di molto su Orlando ed Emiliano segnala che ancora l’ex premier non solo è percepito come il vero leader del partito, ma ne è indubbiamente  il capo riconosciuto.

Questo sta a dimostrare non ,come i critici interni ed esterni dicono, che il PD si è geneticamente trasformato nel partito di Renzi, bensì che nella sua stragrande maggioranza gli elettori di questo partito lo percepiscono come una forza della sinistra moderna ed europea oramai ancorata saldamente ad un progetto riformista, che vuole dare un volto nuovo all’Italia e che quella spinta riformista, già nel progetto originario del partito, non sì è infranta con il voto negativo del 4 dicembre  dello scorso anno. Questo semmai è visto come un incidente di percorso che nulla toglie di validità al progetto stesso. Ora i commentatori a vario titolo, ma soprattutto i rappresentanti delle altre forze politiche, dalla destra ai 5Stelle, incapaci di suscitare una mobilitazione democratica come quella avvenuta il 30 aprile, si affannano a sottolineare gli aspetti apparentemente negativi del risultato, soffermandosi sul calo dei votanti rispetto alle precedenti primarie nate in altri contesti, come se la scissione , i continui conflitti interni e la concomitanza di due festività non abbiano influito sulla diminuzione dei partecipanti. Desta anche sospetto l’acredine con cui alcuni, insieme a qualche organo di stampa, parlano del PD e di Renzi. Perchè tutte queste energie spese per demolire qualcuno ed un progetto politico? Forse si ha paura che si torni a parlare seriamente di riforme nel nostro paese e che ci sia un popolo, non il semplice populismo, dietro un progetto politico.

Infatti il PD si rivela così una forza decisamente nuova, che non rientra negli schemi classici del chiacchiericcio giornalistico e televisivo, che non riuscendo a prendere atto della realtà si affida invece a schemi presupposti, che potevano valere nel passato ma non più nell’Italia di oggi. Del resto è un po’ come sta avvenendo in altri paesi. Si pensi al fenomeno Macron in Francia, che si spera possa sbarrare la strada alla Le Pen. Sorprende anche una voluta e forzosa differenziazione tra il messaggio politico di Macron e di Renzi nei confronti dell’Europa. Si dice del primo che ha consensi perché non rincorre il populismo antieuropeo dimenticando che sia Macron che Renzi dicono sull’Europa le stesse cose: sì all’Europa ma ad un’Europa diversa. Ed altre questioni si potrebbero elencare come pretestuose critiche fatte a Renzi. Una delle più diffuse riguarda il centrosinistra. Si vuole far credere che il progetto renziano non includa un rafforzamento del centrosinistra, dimenticando che invece è proprio la galassia alla sinistra del PD, ad eccezione di Pisapia, che va dicendo da tempo mai ad alleanze con un PD a guida Renzi, come se fosse possibile un centrosinistra senza il PD e senza Renzi. Ciò rivela anche la vera ragione della scissione dei dalemianbersaniani. Questi sapevano di non poter affrontare  le primarie con qualche chance di vittoria ed allora sono usciti dal PD prima, perché andandosene dopo una loro eventuale sconfitta certamente avrebbero perso definitivamente la faccia. Se un partito è una comunità plurale ci si sta anche in minoranza. Questa è la ragione stessa della democrazia. Ora Renzi ha certamente un compito arduo. Deve riallacciare i rapporti tra PD ed il vasto popolo, che non si riconosce nella destra e nel movimento dei 5Stelle, deve spingere per una ripresa dell’economia e del lavoro più forte e consistente, deve far percepire il PD non solo come  la vera forza riformista, ma anche come un autentico partito di centrosinistra, che ha a cuore il superamento delle diseguaglianze ed il destino dei meno fortunati. Deve inoltre tenere unito il partito, troppo lacerato nel passato da contrasti e dal vizio correntistico. E deve certamente tenere conto anche delle istanze contenute nelle mozioni di Orlando e di Emiliano. Il Pd  così nel confermarsi forza politica plurale può aspirare ad essere, anche nei prossimi anni, la guida del paese.

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