CAPITALE 2019. MESSAGGI CONVINCENTI

NOSTRADAMUS di Maurizio Terzetti / Forse perché da tempo non se ne parla più, forse perché mi sono molto allontanato con l’interesse verso l’area vasta del territorio umbro, ma il tema della “Capitale” del 2019, cioè Perugia, mi è tornato in mente con una certa insistenza e, poiché siamo in vista del traguardo dell’investitura, ho creduto che avesse un senso tornare sull’argomento prendendo lo spunto tanto da un esame comparato dei messaggi con i quali le sei città candidate si sono presentate quanto da un analogo confronto sull’architettura organizzativa che esse si sono date. Da un lato, insomma, la più ampia apertura del compasso motivazionale, dall’altro, invece, la più secca e operativa configurazione delle cabine di regia fra le istituzioni coinvolte, dall’Italia insulare al sud, al centro e al nord della Penisola. Nell’insieme, sei messaggi “convincenti”, in grado cioè di “vincere insieme”, che voglio qui sintetizzare cercando di vedere le cose senza parzialità per poi sviluppare, in un articolo successivo, alcune riflessioni sui materiali raccolti.

Mi piace partire dall'Italia insulare. La prima città finalista è Cagliari. Sullo sfondo dell'intera Regione, il capoluogo sardo ha puntato sul nucleo emotivo che la tradizione artigiana è in grado di promuovere a istanza culturale di profondità e spessore. Il valore insulare, nonostante i vivi richiami turistici alle meraviglie delle coste, non è stato accentuato. Al suo posto, la ripresa della laboriosità con la vita sull'isola tesse la vita materiale e la sfera spirituale degli abitanti: “La visualizzazione del progetto può essere facilitata dalla metafora del tessuto, ispirata dalle opere della grande artista sarda, recentemente scomparsa, Maria Lai. Il tessuto è infatti una struttura solida data dall’intreccio trasversale di trama e ordito, un prodotto che si va costruendo nel tempo con la sapienza e la cultura dei gesti della tradizione, composto da materiali e colori differenti, capace di integrare e assorbire suggestioni da diversi contesti culturali e geografici”. Un'ispirazione molto semplice, come si capisce, che non cerca effetti clamorosi e che si presenta con un tono medio, con uno stile privo di specialismi socio-antropologici. Il partenariato istituzionale è lanciato dal Comune di Cagliari e coinvolge Regione e Provincia, con i Comuni dell'area cagliaritana e numerosi altri soggetti, locali e nazionali.
Sul continente, la città più meridionale è Lecce, che si presenta come Lecce-Brindisi. Il tono del messaggio è sicuramente più enfatico, si muove alla ricerca di sensazionali combinazioni linguistiche (“Eutopia” è la crasi di Europa e utopia) e risente costantemente di quel barocco oltre il quale la candidatura intende puntare l'obiettivo con lo slogan “Oltre il barocco, la culla di un nuovo sogno”: “Costruire relazioni coltivando la sapienza del confine. È con questo spirito che il territorio di Lecce e Brindisi porta avanti questa candidatura, forte della sua storia millenaria di ponte sul Mediterraneo. Un ricco melting pot culturale, frutto di scambi, incontri e dialogo con i Balcani, l'Oriente e il Sud del mondo, proiettano Lecce2019 verso il sogno di una nuova Europa nutrita da relazioni, pluralità, orizzonti e prospettive inedite. Dal quarantesimo parallelo è possibile reinventare il futuro e disegnare un nuovo baricentro, trasformare il "mare nostro" nel faro e nel cuore pulsante dell'Unione, gettando le basi per una nuova idea di sviluppo in cui si celano grandi possibilità di innovazione. Qui, a poca distanza dalla Grecia, dall'Africa e dai Paesi sulle sponde dell'Adriatico si costruiscono ponti per guardare e andare oltre, lavorando sulle potenzialità di un territorio dalla ricchezza straordinaria, nutrendo talenti e saperi per alimentare un cambiamento reale”. Anche qui c'è un partenariato che, intorno ai due Comuni, riunisce la Provincia di Lecce, l'Università del Salento e la Camera di Commercio di Lecce.
Poco più a nord, incontriamo la terza città candidata: Matera. Il messaggio si compiace di ricostruire il travagliato percorso che ha portato la città dalle condizioni del più acuto degrado alla meraviglia paesaggistica di oggi, facendo agire questo percorso come leva per entrare nel cuore dell'Europa: “Matera si candida a diventare Capitale Europea della Cultura perché è una città resiliente e magnetica, che ha imparato nel corso dei secoli a condividere il poco disponibile facendolo diventare opportunità per tutti. Nel secondo dopoguerra, la nostra città ha vissuto una grande rottura che ha comportato il completo abbandono dei “Sassi” considerati una “vergogna nazionale” per le misere condizioni di chi vi abitava, ma ha reagito con determinazione, riscattando il suo destino e trasformando gli antichi quartieri disabitati, attraverso un sapiente processo di conservazione e restauro avviato nel 1986, in uno dei più importanti esempi di riabilitazione urbana del Mediterraneo. Nel 1993, in virtù di questo processo virtuoso che ha innescato il ripopolamento dei Sassi ed il loro rilancio turistico, Matera è stata il primo sito del Sud Italia ad essere iscritto nella lista del Patrimonio Mondiale dell’Umanità. Oggi la nostra città, che ha dimostrato un’eccezionale capacità di adattamento alle vicende politico-economiche e culturali della sua storia, vuole offrire la sua esperienza paradigmatica all’Europa, facendo della cultura una grande opportunità di crescita per la comunità”. Quanto al partenariato, la città è Matera-Basilicata, cioè il Comune con la sua Regione, ma non mancano le due Province di Matera e di Potenza.
Uno stacco molto netto separa Matera dalla prossima città candidata: Perugia. Il nostro capoluogo di regione porta nel suo logo il segno del faticoso equilibrio raggiunto fra le città – Perugia e Assisi – che non potevano non figurare nella candidatura sullo sfondo del territorio regionale. La complessiva mediazione ha finito col privilegiare un messaggio pacato e lineare, che non cerca di nascondere i lati oscuri di uno sviluppo culturale notoriamente vistoso, e una idea di città “media” che cerca di trarre vantaggio dall'opportunità della candidatura: “Perugia, e con essa i luoghi di Francesco d’Assisi e dell’Umbria, si candida a Capitale Europea della Cultura 2019 per mobilitare tutte le sue energie e quelle del territorio circostante al fine di rispondere alla crisi antropologica che caratterizza non solo la realtà locale ma, diffusamente, tutte le città europee di medie dimensioni. Nel tempo, però, la città ha perduto attrattività e competitività, come gran parte delle città medie che subiscono gli svantaggi oggettivi e il gap di creatività con le grandi città metropolitane e cosmopolite, sinora, favorite dall’intensità delle relazioni e degli scambi culturali internazionali. Da qui la necessità di reinventarsi e di tornare, virtuosamente, a fabbricare i propri luoghi della produzione di idee e di socialità, anche come risposta allo svuotamento economico e sociale dei centri cittadini, per affrontare gli squilibri determinati da una polarizzazione dello sviluppo territoriale avvertita anche a livello comunitario. La competizione ECoC 2019 costituisce un’irripetibile opportunità per sperimentare questa capacità di reazione, per tornare a un nuovo protagonismo e uscire da una condizione di incertezza, con una valenza che va oltre Perugia e l’Umbria e può diventare modello esemplare per le altre città medie italiane ed europee alle prese con analoghi stati di necessità”. Del tutto atipica la scelta del partenariato attraverso una Fondazione che, stretta fra la Regione e i due Comuni capofila, ha tagliato fuori le Province, aggregate a un insieme di soci partecipanti, fra i quali 28 Comuni sui 92 dell'intera regione e molte associazioni, da quelle maggiori a quelle davvero minute.
A un passo da Perugia, ecco Siena, che sembra avere preso sotto gamba la candidatura, diffondendo un messaggio apparentemente poco incisivo, basato sulle glorie della storia e dell'arte cittadine: “ll concept di Siena 2019 si concentra sul patrimonio intangibile come piattaforma di apprendimento ed innovazione sociale. Il patrimonio è socialmente vivo, animato dalla comunità, e i suoi componenti sono in una relazione simbiotica. L’inclinazione senese per il patrimonio culturale intangibile come motore del cambiamento sociale ed economico è un punto ideale di partenza per fare uso della partecipazione culturale a livello comunitario per ridare energia alla città e dare inizio ad un nuovo ciclo. Il patrimonio culturale intangibile senese come piattaforma di innovazione sociale. Siena è stata la culla di alcune delle più importanti pietre miliari della cultura civica europea, a partire dal Costituto del 1309, il primo esempio di corpo di leggi scritto in lingua volgare, così che ogni cittadino fosse in grado di comprenderlo”. Il primo partner del Comune di Siena è, bizzarramente, la Prefettura; seguono la Provincia, le Università, le Soprintendenze, le Banche e la Regione, con in mezzo il Magistrato delle Contrade Senesi e l'Arcidiocesi.
L'ultima città, la più settentrionale delle sei, è Ravenna, con un messaggio del tutto spigliato, tipico della maniera romagnola di gestire cultura e turismo, ampiamente motivato, però, sul piano del significato da attribuire al processo di candidatura, anche col ricorso alla metafora dei suoi mosaici: “La nostra è una candidatura fatta in casa, voluta, costruita e condivisa con la città e il territorio. Con questo spirito ci siamo impegnati per dare forma a un'idea della città futura. Impegno tanto più necessario perché Ravenna è una città antica, scrigno di tesori d'arte e custode di una storia millenaria, ma anche per questo è una città legata più alla conservazione che all'innovazione. Oggi Ravenna sceglie di percorrere la strada della trasformazione e di costruire, attraverso uno sforzo collettivo, un nuovo modello di società e di governo delle nostre città. Ravenna e la Romagna rappresentano un'Europa in miniatura e si configurano come un ipotetico laboratorio per le politiche comunitarie. La costruzione del Mosaico di culture, che orienta e sostanzia il percorso di candidatura, si concretizza in una visione unitaria in cui tante tessere diverse concorrono a formare un quadro d'insieme, temporaneo ma gravido di conseguenze per il futuro: le singolarità vengono valorizzate per concorrere a costruire una collettività che è sempre più grande della semplice somma dei singoli, e che resterà come traccia indelebile nelle fatiche di tutti quelli che parteciperanno alla creazione del mosaico”. A Ravenna è all'opera un Comitato, presieduto da Sergio Zavoli, del quale fanno parte il Comune di Ravenna, la Regione Emilia-Romagna, la Provincia di Ravenna, i Comuni di Cesena, Forlì, Rimini, Cervia, Lugo, Faenza e Area Faentina, Bassa Romagna e Ussi.

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