Caro Dante, sei stato il punto di riferimento dei giornalisti umbri. Hai guidato il gruppo, non l’hai ‘comandato’

di Gianfranco Ricci/Da più di due mesi sapevamo che sarebbe venuto il momento di dirti ‘addio’, caro Dante. In questi tristissimi casi, quando si compie davvero l’irreparabile previsto da un sofferto conto alla rovescia, l’’’eravamo preparati’’ conferma solo la certezza di una sentenza prevista. L’ espressione elude l’ipocrisia del finto stupore, eppure il dolore, profondo e lancinante, non è attenuato dalla consapevolezza di una morte tanto ingiusta quanto, ormai, attesa. E’ inaccettabile, Dante, la crudeltà del tuo destino. Destino malvagio, cattivo, portatore di una perfidia che fa perfino vacillare di fronte al conforto della Fede. Chiedersi con rabbia ‘’perché?’’ moltiplica all’infinito lo sgomento per la perdita di un amico genuino e schietto, di un giornalista che ai valori della professione- valori anzitutto etici- ha creduto sul serio. Ci ha creduto tanto da aver accettato, alcuni anni fa di ergersi, con sacrificio personale, a punto di riferimento di tutti i colleghi umbri. Dante, hai presieduto l’Ordine regionale non per sbandierare le mostrine di un potere (che, per fortuna ha solo il…. potere dell’esempio), ma perché eri convinto che questo mestiere si fa meglio se ci si autoimpongono precise regole di comportamento. Doveri oltre che diritti. E sei stato rigoroso anzitutto con te stesso. Hai dettato la linea del comportamento di una categoria di ‘raccontatori’’ che qualche volta utilizza il mestiere per soddisfare bramosie diverse dalle meravigliose esigenze di un’informazione che, come detta la norma principale della nostra Carta fondante, deve essere al servizio di un cittadino desideroso di completezza e trasparenza. Sei stato attento e inflessibile. Giusto. Non ti sei fatto ostacolare dall’ amicizia verso colleghi ai quali hai comunque voluto bene. Sei stato ‘’il Presidente’, mai si sei atteggiato a ‘’capo’. Sapevi che si guida con l’autorevolezza, non con l’abuso della cosiddetta autorità. Ti consideravamo il primo di noi non perché sfoggiavi le ‘stellette’ che con voto democratico ti avevamo assegnate, ma semplicemente perché sapevi stare in testa al gruppo. In termini ciclistici si direbbe che sapevi ‘’tirare il gruppo’’. Un Presidente vero, non uno ‘’scaldapoltrone’ smanioso di onori più che di oneri. Hai assolto ‘’il servizio’ regionale così bene che ti hanno ritenuto ‘esemplare’ i colleghi di tutta Italia che ora inondano la rete telematica manifestando la loro affettuosa commozione.

Hai rappresentato tutti noi con onore e da persona per bene.

Ti abbracciamo

Grazie Dante.

Gianfranco Ricci

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