Dis..corsivo. L’utopia, l’eresia, il dialogo, la poesia

NOSTRADAMUS di Maurizio Terzetti / Mentre a Città di Castello sta per andare in scena la “Fiera delle utopie concrete”, a Orvieto si vara la prima “Biennale dell’eresia”. Il mondo intellettuale umbro di qualche anno fa (la Fiera di Città di Castello è nata nel 1988) e quello di oggi scoppiettano di vivacità ideologica. La provincia umbra non teme di vedersi costretta in un mondo di pacifica santità, ma rilancia, a intervalli regolari, la provocazione ecologica (a Città di Castello) e tecnologica (a Orvieto). Le “utopie concrete” del Tifernate si sono affermate e consolidate. Nel futuro del Festival dell’eresia di Orvieto siamo costretti a rimandarci un po’ più in là, ma il successo sembra già assicurato perché il futuro, per gli organizzatori, o è eretico o non è in assoluto.
L’utopia e l’eresia, dunque, lungi dall’essere due vezzi intellettuali e il retaggio di vecchi studi provinciali, si dimostrano due carte vincenti, sono due brillanti confezioni culturali, si fanno eco sui due versanti nord e sud della regione, proiettano l’Umbria molto al di là dei suoi confini, sono una riserva di investimento conoscitivo e un cantiere bello e stabile di costruzione del futuro marketing dell’Umbria.
Sono convinto, insomma, che dietro l’uso disinvolto delle parole “utopia” e “eresia” siano presenti interessi politici molto ben definibili, ieri come oggi, legittimi senza dubbio, ma altrettanto certamente un po’ goffi dentro titoli che non appartengono né alla politica né all’amministrazione locale.
La politica, infatti, non è né utopica né eretica – e non solo per definizione, dove pure qualche titolo in più ce lo avrebbe – ma proprio per il concreto spettacolo al quale ci fa assistere.
La stessa cosa, purtroppo, si può dire della parola “dialogo”: il “Cortile di Francesco” funziona egregiamente come strumento della politica che cerca di rigenerarsi culturalmente, ma la parola “dialogo” sta un po’ larga, spiritualmente, alla passerella di vip che in questi giorni affolla il Colle del Paradiso ad Assisi. Anche qui, una legittima politica veste un saio che ha ricoperto, secoli fa, corpi ben più penitenti, utopici e anche eretici, nonostante la tenace volontà di Francesco di far vivere i Minori dentro l’ortodossia della Chiesa di Roma.
Le parole alle quali sono dedicati i Festival delle parole che corrono da Città di Castello a Assisi a Orvieto sono troppo impalpabili per continuare a reggere il peso soverchio della politica. Meglio, forse, le vedremmo utilizzate in un grande evento, distillato nell’anno, dedicato alla poesia. Sì, alla poesia. La poesia è la vera arte utopica, eretica e dialogante, e per questo è costruzione di senso e di quotidianità. Come tale – eretica e erotica – sfugge alla politica, le è concorrenziale. Sarà anche per questo che nessun Festival, almeno da noi, in Umbria, si dedica alla poesia?

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