DIS…CORSIVO. APOLOGO DELL’ORTO E DELL’ARTE

NOSTRADAMUS di Maurizio Terzetti / Per promuovere le arti, l’ape regina s’era fatta venire tante idee geniali: spettacoli, mostre, festival, convegni, percorsi di elevato turismo culturale.

La spinta in questa direzione, nel suo paese, era molto forte, ma a contare davvero non era la comunità di artisti, scrittori, attori e studiosi del posto. Premevano di più, e ottenevano di più, dei grandi nomi provenienti da fuori regione e, con la scusa di sprovincializzare l'ambiente, questi avevano ottenuto un credito pressoché illimitato sulle voci culturali del bilancio del paese.

Era poi successo che, su queste premesse consolidate, il paese aveva partecipato a un concorso che premiava i migliori titoli culturali a livello europeo. Però, non si sa come, aveva perso e la responsabilità non fu di nessuno: degli artisti locali, no, perché erano stati tagliati fuori dalla regia del progetto, degli illuminati organizzatori venuti da Roma, nemmeno, perché, si disse, altre ragioni di equilibri politici superiori avevano condizionato il giudizio finale a favore di un'area più depressa del paese dell'ape regina.

Il colpo era stato assorbito prontamente, anche perché, sul piano della promozione delle arti, altri problemi avevano cominciato a manifestarsi molto seriamente.

Molte autorità, anche in contrasto fra di loro, intervenivano sempre più metodicamente sugli stessi monumenti oggetto di tutela e di salvaguardia. L'arte doveva sempre più fare i conti con il paesaggio e quando questo veniva trasformato troppo pesantemente non mancava chi si levava a difesa dei monumenti della tradizione a rischio di compromissione ambientale.

C'era poi tutta una cultura fatua e solo lontanamente imparentata con l'arte che dettava le sue esigenze e faceva valere le sue priorità. Anche qui, a comandare erano bizzarri commercianti ai quali erano stati dati in uso interi quartieri del centro storico del paese per celebrarvi, con molti ospiti venuti da lontano, banchetti che assomigliavano tanto ai Saturnali dell'antica religione romana.

Tutta una serie infinita di sagre, fiere e mercatini completava l'anno dei divertimenti assimilabili approssimativamente all'arte e allo spettacolo, ma si trattava di territori della cultura sui quali l'ape regina preferiva glissare. Superiore dignità avevano alcuni grandi appuntamenti in costumi d'altri tempi che il paese sapeva organizzare e gestire: per quanto ripetitivi e scarsamente innovativi, erano eventi dei quali ognuno poteva certificare la piena aderenza alle tradizioni identitarie del paese.

In un paese tutto arte cultura, alla fine, la cosa più complessa e la questione più delicata diventarono, per l'ape regina, proprio la promozione di arte, cultura e turismo, da indirizzare, quest'ultimo, lungo direttrici innovative rispetto a standard ormai consumati e obsoleti.

E, pensa e ripensa, la cosa più naturale sembrò ripartire dalle basi materiali di produzione del reddito del paese: a una certa trasformazione della produzione agricola (l'orto), si disse, doveva corrispondere una coerente visione culturale (l'arte). Campi, colline, boschi, laghi, fiumi, declivi colture dovevano essere presentati come quell'habitat non corrotto, solo inevitabilmente e onestamente modificato, in cui specchiare la purezza dei suoni e la nobiltà dell'arte di ieri oggi per farci camminare il turista e motivarlo all'impresa di superare l'ovvio concetto del “bello” da cartolina.

In molti si felicitarono per l'idea geniale, qualcuno ebbe il dubbio che parecchi Saturnali avrebbero ancora cozzato con l'oasi agri-culturale che il paese ci teneva a rappresentare agli occhi del mondo.

Ma si chiamò un grande attore di Hollywood e, in uno scenario tutto “natura” e “creato”, gli si fecero recitare alcune parti del Cantico di Frate Sole. E, per l'ape regina, fu un successo da incorniciare.

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