DIS…CORSIVO. IDEE IN LIBERTÀ’

NOSTRADAMUS di Maurizio Terzetti / Nei giorni di massimo attacco alla libertà delle idee che stiamo vivendo, colpisce il movimento di idee in libertà che convive con la deriva degli ideali e della cultura, specie a livello locale, laddove per locale si devono intendere tanto le singole Nazioni rispetto alla guerra globale tra Occidente e frange islamiste quanto le comunità regionali di ogni Paese europeo.

Ne abbiamo una misura, certamente, in Umbria, ma sono pronto a giurare che lo stesso “rompete le righe” si può registrare, per dirne una, nella Piccardia in cui si dà la caccia agli autori del massacro di Parigi o nella lontana Grecia, incubo crescente dei governanti tedeschi.
Le idee in libertà non sono sinonimo di libertà, ma identificano il livello di incertezza e di confusione che, generatosi a livello politico, a cascata coinvolge l'economia e la cultura. Quando le istanze politiche, gli enti che governano un territorio, si muovono confusamente per tentativi molto lenti e contraddittori rispetto a scelte legislative fondamentali per la loro area di riferimento amministrativo, i principali motori dell'economia, della cultura, del sociale e dell'opinione pubblica tendono a incepparsi. Un motore bloccato alterna momenti di stasi a improvvisi sussulti: i repentini sobbalzi sono le idee in libertà. E alcuni scoppiettii sono fumosi e ridicoli, altri, invece, sono gradevoli nel rumore e apprezzabili nell'idea di movimento che cercano di imprimere al sistema delle comunità locali.
Bisogna passare agli esempi. Una bellissima idea in libertà l'ho colta ieri mattina, in Corso Vannucci, a Perugia. Nel contesto di quell'anonima serie di negozi che caratterizza il salotto perugino per eccellenza, risplendeva una vetrina della Fondazione Cassa di Risparmio di Perugia. Vi era esposta una tela di fine Cinquecento (Cerchia di Jacopo Bassano, Annunciazione e adorazione dei pastori) adeguata al passato Natale e alla appena trascorsa Epifania. Mentre la massa, ormai divenuta ingombrante, della pista di pattinaggio su ghiaccio deprimeva il già malinconico monumento dell'immobile ruota panoramica sullo sfondo, questa vetrina mi ha riacceso l'animo, per un momento, di sole e colore. Mi sono fermato, ho sostato di fronte a quell'opera come se fossi in un Museo vero e proprio e non per strada. Ho gustato il quadro, anche con i passanti intorno a me che non si sono fermati, nel suo insieme e nei dettagli. L'illuminazione permetteva una lettura appagante anche degli angoli più lontani, la distanza dall'opera era superiore alla misura di avvicinamento che si può avere in una sala di Museo, ma, in compenso, cresceva il senso del rispetto da portare al quadro. Guardando, sul lato opposto del Corso, sulla facciata di Palazzo Baldeschi, l'enorme stendardo della mostra su Machiavelli, ho riflettuto sul dispiego di risorse progettuali che dev'essere costata quell'operazione espositiva e sull'assoluta gratuità, invece, di un'operazione culturale come quella del quadro in vetrina. Quest'idea in libertà – perché tale pare, per la sua radicale eccentricità rispetto al contesto urbano che la ospita – ha tutte le premesse per poter far crescere potenzialità di rinascita di Corso Vannucci in termini di originalità e di appeal culturale: il suo esaurimento nell'episodicità natalizia, al contrario, la farà intristire e ingrigire e questo sarebbe, davvero, un peccato.
Alcuni metri più avanti, mi sono imbattuto in un'altra idea in libertà, stavolta brutta e di giorno in giorno più deprimente: la calza della Befana che pende dal piccolo terrazza della facciata del Palazzo della Provincia. Il problema della ridistribuzione di personale, risorse e competenze è indubbiamente serio e pericolosamente sospeso in un limbo burocratico-gestionale. Ma la calza col carbone per tutti i politici che hanno gettato a mare l'ente di base dell'Unità nazionale è un'idea in libertà incautamente fuorviante, nonostante l'apparente leggibilità del messaggio sindacale. È la bruttura del manufatto, la sua orrenda pesantezza, la sua dimensione esagerata, che fa quasi toccare terra alla calza, a non convincere: io, ad esempio, che pure sono parte in causa, ci ho visto il triste presagio di una forca alla quale è appeso il destino di un certo numero di impiegati pubblici. Sarebbe meglio rimuovere, l'idea in libertà, in questo caso: essa rema contro ogni possibile forma di solidarietà dell'opinione pubblica con i dipendenti della Provincia.
E un'ultima idea in libertà mi ha colpito nelle cronache minute di questi giorni, in una fra le più lontane, forse, dallo scenario dell'attacco parigino all'idea di libertà dal quale sono partito. A Cannara sono stati consegnati i calendari ai nati nel 2014. Si tratta di un segnale di benvenuto e di un atto particolarmente beneaugurante che l'attuale Comune ha ereditato da un vecchio progetto della precedente amministrazione. È, dunque, un'idea in libertà che si protrae nel tempo: l'estemporaneità dell'idea sta nel fatto che consegnare un calendario alle famiglie che hanno avuto una nascita si pone del tutto al di fuori di ogni logica di attenzione politica alla riforma del sistema-famiglia, è semplicemente un tentativo di giocare con i ricordi, un ripiegamento della comunità locale su se stessa. E, nel tempo, nient'altro si potrà aggiungere alla ricchezza di base di quest'idea, né essa contribuirà mai ad alcun riordino legislativo in materia di diritto di famiglia. Ma un'idea che ferma il tempo, chissà, potrà, almeno, sempre invitarti a cercare, di tanto in tanto, la dimensione del riposo e della quiete in un mondo che, pur offrendo tanti punti di riferimento, subito ti sottrae, perfidamente, quelli nei quali avevi fatto maggiormente affidamento.

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