DIS…CORSIVO. IL GRILLO PARLANTE E MADONNA POVERTÀ

NOSTRADAMUS di Maurizio Terzetti / Il pericolo di Salvini sta spingendo Beppe Grillo ad aprire quel dialogo con i partiti che finora il Movimento ha trattato come attività orale degna di anatema.

E il tono del grillo parlante è diventato meno saccente e pedante, ma si sa, da Collodi in giù, il destino dei grilli che si vedono schiacciati è quello di diventare un po' meno supponenti e un po' più disponibili alle debolezze altrui.

Da tutto questo, però, ad avvertire Grillo come persona convincente, della quale fidarsi, ce ne corre. La difficoltà a prenderlo sul serio non sta tanto nella sua conclamata vis comica quanto nella faciloneria con cui le sue proposte, i suoi disegni di legge, tracciano il quadro di un'Italia che già non c'è più.

La sua proposta di legge intitolata “Reddito di cittadinanza” si riferisce a un Paese tal quale era due anni fa, quando il Movimento galoppava e per un soffio non guadagnava poltrone governative.

Oggi, quell' Italia povera e stracciona che si adombra dietro i 20 articoli della proposta di legge di Grillo e Di Maio non esiste più. In parte è progredita, in parte ha cambiato il volto della povertà nel sembiante, pur sempre emaciato ma meno infossato, del convalescente.

Per assurdo, per qualcuno lo stato di salute dell'Italia potrà ancora essersi aggravato. Non è questo che conta: né la via del miglioramento né la via del peggioramento.

A contare è la qualità della pittura grillina del reale. Grillo dipinge infatti una società italiana nella quale una folla di questuanti finti e inopportuni, giovani e meno giovani, stanno ad aspettare sussidi e mercedi senza muoversi di un passo dallo stallo di una loro indigenza reclamata di fronte allo sfarzo del potere.

A questa pletora di seguaci di Grillo pare che tutto sia dovuto, sono le persone che fanno smorfie di fronte ai piccoli impieghi che si vedono offrire dal mercato e che non hanno alcun senso dell'intrapresa, meno che meno del sacrificio. C'è perciò del cinismo evidente nella povertà tratteggiata da Grillo e quel cinismo rischia di non far vedere la povertà quella vera, quella che non ha bisogno delle luci del varietà, alle quali è abituato Grillo, per essere illuminata.

C'è una povertà dignitosa nel suo silenzio e ammonitrice nella sua solitudine che non coincide affatto con le schiere di non possessori di reddito in nome dei quali e per i voti dei quali parla Grillo.

Se ciò era intuibile due anni fa, oggi è diventato chiaro con molta evidenza e fanno bene tutti coloro che non si lasciano andare al buonismo di Grillo, che è più infido e mistificatore oggi di quanto lo era l'altro ieri.

Grillo sente la fortissima concorrenza di Salvini e sa benissimo che se non agitasse il testo virtuoso della sua proposta di legge sul “Reddito di cittadinanza” si vedrebbe rubare la scena da un nuovo istrione, destinato a succedergli perché uguale a lui quanto a cinismo e a estremismo opportunista.

Molti - e come potrebbero fare diversamente? - sono disponibili a cadere nella trappola di Grillo ma così, ancora una volta, il nucleo vero della povertà viene ignorato e ricoperto di ideologie, perché la semplicità dei poveri sconcerta tutti, è insopportabile a tutti, è una grandezza celestiale che nessuna politica riesce più ad accogliere fraternamente fra le sue braccia.

Gli opportunisti che premono dietro Grillo sono gli stessi che vivono nell'incertezza se fidarsi più di Grillo o di Salvini.

In compenso, la proposta di legge del Movimento si rivela aria fritta che i poveri, quelli veri, quando ne sentono l'olezzo, sono i primi, per dignità, a scansare, girandosi dall'altra parte e riprendendo il loro cammino celestiale, solitario e indifferente alle campagne elettorali.

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