Dis…Corsivo. Perdersi

NOSTRADAMUS di Maurizio Terzetti / Certo, il cambio di passo si sente. Il Perugia Social Film Festival, ideato e condotto dalla coppia Rulli e Balsamo con l’occhio in più di Clara Sereni, è una di quelle esperienze creative che faranno molto riflettere la città di Perugia e con essa tutta l’Umbria.

Ci sono molti giochi di parole dietro il Festival: prima di tutto l’aggettivo “perso”, che si ricava dalle iniziali di Perugia e sociale. Poi, nel filmato promozionale con Paola Cortellesi compare la scritta “ogni lasciato è perso”, a correzione di quella espressione un po’ dialettale “ogni lasciata è persa” che a Perugia è molto ben capita sull’istante da ogni persona.

Ma se torniamo a “perso” dando uno sguardo meno superficiale al filmato con l’ottima interpretazione della Cortellesi, ci accorgiamo che la centralità dell’esserci persi ci intriga, ci interroga, ci fa riflettere, ci fa anche un po’, diciamolo, ironizzare sul fatto che a Perugia sono in molti ad essersi persi.

Senza nessun intento dissacratorio nei confronti della serietà del sociale che affronta il Festival, potremmo anche celiare, ad esempio, sul fatto che Perugia ha perso il titolo della Capitale europea 2019, che ha perso molti primati culturali e intellettuali, che la stessa egemonia politica dei partiti della sinistra si è persa irrimediabilmente da molto tempo e oggi a sostituirla è una compagine amministrativa che stenta sì, qualche volta, a mettere insieme il pranzo con la cena.

Ma, a parte questi motivi di inevitabile sarcasmo, l’operazione che ci aspettiamo dalla prima edizione del Festival di Rulli e Balsamo è di tutto rispetto per la città di Perugia, è come un atto che rimprovera la città per le tante banalità e le tante, tante sciocchezze culturali che sull’acropoli vengono svolte durante l’anno.

Il richiamo del Social Film Festival è davvero molto forte, con la sua carica di attenzione sociale per chi si è perso, per non essere udito anche dalle orecchie più distratte di questa città.

L’azione per la chiusura dei manicomi, ad esempio, è ancora molto viva nei ricordi di Perugia e fa bene il Festival a riportare nella giusta tensione, tra l’altro, l’impegno che ha sempre richiesto l’attenzione per chi si è perso in qualche malattia.

Però, oggi che le persone che si sono perse in qualche disagio sono molto più presenti e distribuite nella società di quanto lo fossero quando c’erano i manicomi, bisogna che il reportage, il filmato di inchiesta e di denuncia siano il più possibile leggibili da tutta la società e non solo un pur pregevole prodotto di nicchia a vantaggio di cerchie intellettuali che si riuniscono nei cinema o nei sotterranei della Rocca Paolina.

Se c’è qualcuno che si è perso, intorno a noi, siamo in realtà tutti noi ad esserci persi e non possiamo vantare nessuno statuto particolare in base al quale guardare, con occhio da regista, distaccato, il mondo e le persone che si sono persi. Certo, Paola Cortellesi, nella realtà, non si è persa, ma nella fiction i dubbi e le perplessità di una persona che si sta perdendo, pur essendo “normale”, me li ha fatti venire tutti e consiglio a quanti lavoreranno intorno al Social Film Festival nel prossimo settembre di farsi venire lo stesso produttivo dubbio, per incontrare quante più persone possibile ti guardano ogni giorno con occhi che hanno un piccolo, grande problema da sottoporti.

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