L’UMBRIA E’ UN’ISOLA FELICE?

di Pierluigi Castellani

L’Umbria è un’isola felice? Sembrerebbe di no stando a quanto si legge nella ricerca , che per conto dell’Aur  hanno effettuato  Mauro Casavecchia ed Elisabetta Tondini. Infatti per quanto riguarda la misura dei salari in Umbria, nonostante  ci sia stato un recupero leggermente  superiore alla media nazionale, ” le retribuzioni mediane sono costantemente inferiori rispetto al corrispondente valore nazionale”. Le ragioni sono molteplici ma è certo che va registrato che ” il fenomeno umbro delle più basse retribuzioni nella componente privata si collega – spiegano i due ricercatori – alle caratteristiche degli assetti produttivi locali, polverizzati, posizionati nella parte centrale della filiera, specializzati in settori a minore intensità di ricerca e innovazione”. Insomma si potrebbe dire ” piccolo non è bello”. La struttura produttiva della nostra regione infatti presenta da tempo una diffusa rete di piccole imprese, che comunque hanno assicurato una significativa ripresa dell’occupazione dopo la crisi dovuta alla pandemia, ma in cui le dinamiche salariali non si sono sviluppate. E’ evidente che nelle grandi imprese la capacità contrattuale del sindacato è più attiva per la pressione ,che possono esercitare i lavoratori in una dimensione più ampia, spuntando così contratti aziendali più favorevoli rispetto ai minimi previsti dai contratti collettivi a dimensione nazionale. Al gap salariale registrato in Umbria non credo che potrà porvi rimedio la normativa del salario minimo in discussione ora tra le forze politiche. Occorre una paziente opera messa insieme dalle componenti sociali e dalle istituzioni per rafforzare, attraverso la creazione di distretti o altre misure stimolanti, la capacità delle piccole e medie imprese ad innovare ed a fruire delle nuove tecnologie. Solo così potrà essere aumentata la produttività, premessa necessaria per portare le retribuzioni salariali a livelli più dignitosi. A questo deve pensare la politica regionale se si vuole che il sistema produttivo umbro affronti le sfide che i mercati impongono. C’è da aggiungere che a fronte di retribuzioni più basse la nostra regione potrebbe garantire anche una migliore qualità della vita. Per questo è necessario non arretrare rispetto alla politica della difesa dell’ambiente, perseguita nel passato, ed assicurare quei presidi sociali, assistenziali e sanitari, che sono chiari indicatori della qualità della vita di una regione. Fino ad ora l’Umbria si è vantata di aver potuto assicurare tutto questo. Oggi l’attuale politica regionale sta facendo nascere molti dubbi. Ma solo a queste condizioni, non smantellando  la  diffusa rete dei presidi territoriali, favorendo la coesione sociale, l’integrazione tra le generazioni e mantenendo alta l’attenzione alla difesa  dell’ambiente, si potrà dire ancora che l’Umbria è un’isola felice.