Commissione antimafia, lo scioglimento diventa un caso. L’Ufficio di presidenza di Palazzo Cesaroni: “Adempimento di legge”

PERUGIA – E’ diventato un caso lo scioglimento delle Commissioni Speciali di Palazzo Cesaroni, chiuse con lo scioglimento della legislatura. Decisione che ha riguardato la Commissione Antimafia e Statuto. Le prime fibrillazioni si sono aperte in Aula, con qualche tensione e la decisione della maggioranza. Decisione alla quale si erano opposti i sindacati: “La decisione da parte del Consiglio Regionale dell’Umbria di sciogliere immediatamente la Commissione antimafia, senza dare nemmeno il tempo per la stesura di una relazione finale sugli importanti lavori svolti, anche in coordinamento con l’Osservatorio regionale, del quale i sindacati sono parte integrante, è un fatto grave e ingiustificabile”. Lo afferma Barbara Mischianti, segretaria regionale della Cgil dell’Umbria, che rappresenta Cgil, Cisl e Uil all’interno dell’Osservatorio”.

“Questa decisione ci sembra testimoniare la scarsa sensibilità che la maggioranza in consiglio regionale dimostra nei confronti di un problema così importante e quantomai attuale, come quello delle infiltrazioni mafiose – prosegue Mischianti – L’auspicio è che, comunque, l’importante lavoro svolto negli ultimi 3 anni non vada buttato per ragioni che fatichiamo a comprendere. Di certo – conclude la sindacalista – Cgil, Cisl e Uil continueranno a battersi affinché le istituzioni siano sempre più vigili e attente sui fenomeni di illegalità che attraversano la nostra regione”.
Palazzo Cesaroni – Netta la risposta dell’Ufficio di presidenza, composto da Porzi, Guasticchi e Mancini.  “La Commissione d’inchiesta Analisi e studi su criminalità organizzata, infiltrazioni mafiose, tossico-dipendenze, sicurezza e qualità della vita è un organo i cui poteri discendono non dall’esistenza in sé dell’istituto che lo prevede, ma da un atto formale dell’Assemblea in carica che l’ha istituito. In relazione a ciò con lo sciogliersi dell’organo assembleare vengono meno anche quegli organi dallo stesso costituiti”.  Con una nota, l’Ufficio di Presidenza dell’Assemblea legislativa dell’Umbria interviene in merito alle valutazioni e rilievi espressi da alcune forze sociali e associazioni in merito allo scioglimento della Commissione d’inchiesta (fissato al 7 giugno prossimo per dar modo di completare gli ultimi adempimenti) conseguente a quello dell’Assemblea legislativa formalizzato il 28 maggio scorso.L’Ufficio di Presidenza dell’Assemblea sottolinea che la decisione adottata è conseguente ad un preciso adempimento di legge. Non sarebbe stata infatti praticabile una scelta che “muovesse considerando non tanto la tipologia di organismo e la sua collocazione all’interno dell’organizzazione e dei lavori assembleari, quanto piuttosto i temi e gli argomenti trattati, perché ciò avrebbe significato spostare la valutazione su un piano del tutto discrezionale, connotandola politicamente e non tecnicamente”.

Nella nota di Palazzo Cesaroni, si spiega inoltre che a partire dalla data di scioglimento “l’Assemblea entra nel regime di prorogatio e può provvedere solo agli adempimenti improrogabili per legge o derivanti da situazioni di forza maggiore conseguenti ad eventi naturali. E qualora durante questo periodo si rendesse necessario svolgere una attività di inchiesta o di indagine inizialmente posta in capo alla Commissione, nulla impedirebbe che questa attività sia svolta dalle Commissioni consiliari permanenti, come espressamente previsto dallo Statuto regionale”.

Leonelli – Da Facebook è arrivata la replica del presidente della Commissione Antimafia, Giacomo Leonelli. “Probabilmente dopo le dure prese di posizione di Libera e di Cgil Cisl e UIL, oggi l’ufficio di presidenza del Consiglio Regionale ha diramato una nota sostenendo che tale opzione sarebbe stata una scelta dovuta per legge: peccato che non esista un parere tecnico in tal senso, e che proprio perché il Consiglio Regionale era sovrano nella sua scelta, è stata proposta e messa in votazione e approvata dai colleghi una mozione che prevedeva la chiusura anticipata della Commissione.
In altre parole, se fosse stato un atto dovuto come si dice, che senso aveva proporre un atto d’indirizzo come una mozione (a quel punto di fatto inammissibile) chiedendo il voto dei consiglieri e quindi demandando a loro la scelta? E se questa fosse stata emendata in quel punto, magari indicando il prosieguo dei lavori, o respinta dall’aula ?”.