Pd Umbria, tante incognite dopo il voto: giovedì parte l’iter congressuale. Il dato di Perugia

I primi smottamenti sono già cominciati. L’onda delle urne sta destabilizzando i partiti umbri, a cominciare dal Lega (come abbiamo raccontato ieri) dove si stanno consumando scontri tra i vertici del partito (Caparvi-Briziarelli)  e accuse pesanti sulle ragioni di una sconfitta clamorosa. Lo stesso risultato non esaltante dell’alleanza elettorale tra Carlo Calenda e Matteo Renzi lascia aperte molte incognite sulla sua tenuta. Anche nel Pd umbro si è aperto un fronte interno (comunale di Perugia, solo per fare un esempio) che per ora non prevede affondi particolari ma la battaglia potrebbe infuriare in vista del congresso annunciato da Enrico Letta. La direzione nazionale del partito è stata convocata per giovedì. Stabilirà che tipo di congresso sarà: proporrà una data e da quel momento partirà l’iter congressuale e tra marzo e aprile i dem andranno ad eleggere un nuovo leader. I primi due step prevedono: il ritorno nel partito dei transfughi di Articolo 1 (Speranza e Bersani per intendersi) e di tutti coloro che intendono partecipare alla costituente, che parte dall’esperienza della lista “Italia democratica e progressista”. Il secondo step, invece, dovrebbe essere quello che affronta i nodi principali: la possibilità di cambiare nome (I Democratici, quello più apprezzato) e la ricerca di una identità  ben definita. C’è anche chi prevede la scissione in due partiti, uno riformista e l’altro più massimalista, rimanendo alleati alle elezioni. L’unica certezza è che dal 2008 il Partito democratico macina un segretario a ogni tornata elettorale. Insomma, sarà un autunno caldo anche per i piddini dell’Umbria che saranno coinvolti e condizionati dalle scelte e dinamiche nazionali. Tommaso Bori, segretario regionale, ci tiene a sottolineare che in Umbria è andata meglio che nel resto del Paese, tanto è vero che il Pd ” si posiziona al di sopra della media nazionale”.  Il giovane segretario si dimentica però di dire che è andata peggio di quasi cinque anni fa (2018) quando il risultato fu già drammatico. Di diverso avviso la capogruppo di Palazzo Cesaroni  Simona Meloni: ” Dalle ultime elezioni del 2018 ad oggi, in Umbria, abbiamo perso altri 50 mila voti, l’equivalente degli abitanti di Foligno”. Sul prossimo congresso chiede di tornare a quel principio di “inclusività” che ha rappresentato la ragione principale della nascita del Pd . Un modo di vedere le cose da angolature diverse, letture che potrebbero trovare conferme e smentite dai candidati dem dei tre collegi uninominali, costretti a confrontarsi per tutta la campagna elettorale con i cittadini umbri. Da quello che si dice non sarebbe stato facile per Francesco De Rebotti e Stefano Vinti convincere le persone a votare Pd, a scommettere ancora una volta sul centrosinistra e ad evitare il bersaglio sulle candidature blindate nel plurinominale (Verini e Ascani) decise a tavolino a Roma dai capocorrente. Adesso la domanda che in molti si fanno è la seguente: insieme al congresso nazionale ci saranno anche quelli regionali ? E’ probabile, se sarà – come sembra – un congresso aperto che andrà alla radice dei problemi. Congresso si, congresso no rischia però di trasformarsi nell’ennesimo scontro tra persone con un ulteriore logoramento interno. Ci sono alcuni segnali – in mezzo al significativo ridimensionamento dei consensi – che i democratici umbri dovrebbero guardare con maggiore attenzione: il dato di Perugia. Nel capoluogo umbro il centrodestra perde terreno e non va oltre il 40%, circa sei punti in meno rispetto alla media regionale. Il centrosinistra si attesta intorno al 31% e il Pd perugino regge meglio di altre città (23,97%). Conferma un buon andamento nei comuni del Trasimeno, in alcuni comuni dell’Orvietano, si avvicina al 24% a Marsciano. Certo, resta forte la perdita di consensi a Spoleto (20,26%), Terni (20,51%), Amelia (19,20%), Bastia Umbra (19,18%), Assisi (17,66%), Gualdo Tadino (17,38%) e Todi (17,19%). A Città di Castello (22,89%) e Foligno (20,7%) così così. Enrico Letta non vuole andarsene lasciando un partito diviso e prossimo alla scissione. Stessa cosa dovrebbero fare i dirigenti umbri: evitare una conta ulteriore dopo le lacerazioni di questi anni. ” Da subito – ha dichiarato Bori – è urgente ricomporre le fratture nel nostro campo politico”. Oggi , in una intervista sul Corriere della Sera, il professor Filippo Andreatta, figlio dell’inventore dell’Ulivo, afferma: “La semplice sostituzione del segretario è una soluzione gattopardesca. Ogni volta il Pd mette in scena un rito di cannibalismo che poi non risolve nulla”.