SERGIO MATTARELLA: IL NUOVO PRESIDENTE È ANCHE UN PRESIDENTE NUOVO

di Maurizio Terzetti / Al quarto scrutinio, con 665 voti su 1009, Sergio Mattarella è stato eletto presidente della Repubblica. Egli, oltre a essere il nuovo presidente, è anche un presidente nuovo, inaugura un periodo completamente nuovo della repubblica italiana. Cerchiamo di capire il perché.

La tensione per le strategie elettorali intorno al Quirinale ha fatto dimenticare, su tutti, un dato saliente, che si può cogliere nella sua evidenza semplice e solare riandando con la mente alla successione degli undici presidenti della Repubblica che l’Italia ha avuto fino a Giorgio Napolitano.
Questo dato consiste nella novità generazionale che, da Napolitano in poi, dobbiamo aspettarci e che sarà sempre più legata a curricula politici maturati nel corso di quella seconda Repubblica che non tutti sono d’accordo nel collocare all’inizio degli anni Novanta, ma che tutti devono ammettere come “lavacro salutifero” istituito a partire da quel decennio di fine secolo.
Sergio Mattarella – eletto stamattina nuovo capo dello Stato – è perfettamente il tipo di futuro presidente che si addice all’Italia in virtù dell’ultimo ventennio della sua tormentata storia politica: egli è il nuovo presidente e di sicuro è anche un presidente nuovo.
Con Mattarella, nato nel 1941, è stata saltata a piè pari la generazione degli anni Trenta, quella degli Amato e dei Prodi. Sono convinto che Renzi avrebbe potuto saltare anche gli anni Quaranta e puntare direttamente sugli anni Cinquanta, ma lì c’è la “riserva indiana” dei da lui rottamati. Tranne, forse, quell’Anna Finocchiaro, con la cui personalità femminile molti avrebbero identificato volentieri il nuovo presidente della Repubblica, anche a causa del grande equilibrio che, almeno in superficie, sembra esserci tra il premier e la donna politica siciliana.
Mi dilungo su queste considerazioni di carattere generazionale perché esse, in ogni caso, si addicono al nuovo capo dello Stato.
Scalfaro, Ciampi e Napolitano – senza dimenticare la transizione compiuta con Cossiga – sono stati presidenti provenienti da una cultura e da un’atmosfera pre-belliche, hanno vissuto l’adolescenza e la giovinezza nei decenni di incubazione del secondo conflitto mondiale.
Sergio Mattarella, invece, per la prima volta, porta sul Colle una formazione culturale e spirituale del tutto post-bellica, come, certo, avrebbero potuto portarla Prodi e Amato, ma la storia della Repubblica è piena di leader che non hanno potuto coronare il sogno del Quirinale, per cui non vale la pena soffermarsi più di tanto sulla loro esclusione dalla corsa verso il Colle.
È, semmai, più interessante cominciare a studiare con la dovuta attenzione le caratteristiche politiche di un uomo che, come Mattarella, anziché avere tanti anni più della nostra Costituzione, ne ha qualcuno di meno.
Ciò non era mai successo ed è un segnale che prima o poi doveva avvenire: bello, invitante, progettuale, ricco di futuro. Mentre, infatti, siamo enormemente grati a tutti i presidenti che hanno fatto e allevato la Costituzione, è tempo che cominciamo a seguire personalità la cui maturità è avvenuta col crescere delle pagine perfette e di quelle più critiche della nostra Carta costituzionale.
Questa maturità, fino agli anni Novanta del secolo scorso, gli uomini della generazione di Sergio Mattarella non potevano averla. L’hanno conquistata, proprio in quegli anni, nel vivo di una contesa durissima, talmente dura che anche un uomo indulgente come il “presidente nuovo” di oggi ha dovuto tirare fuori gli artigli e lasciare segni che qualcuno, davvero malevolmente, ancora oggi gli vorrebbe far pesare.
Sta tutta qui l’ottusità di quanti si sono opposti alla candidatura di Mattarella: non aver voluto prendere in nessuna considerazione il passaggio generazionale che si è compiuto, oggi, eleggendo, per la prima volta, un presidente della Repubblica figlio e non padre della Costituzione repubblicana.
Questo passaggio obbligato andava onorato da tutte le forze politiche, magari per riprendere, domani, un’opposizione ancora più estrema. Ma, intanto, sottrarsi oggi al più bel rito presidenziale dell’età repubblicana è stato un vero atto di piccineria, che non onora affatto quegli stessi partiti e quei leader che sono emersi nella prima metà degli anni Novanta, cioè proprio quel Silvio Berlusconi che credeva di giocare una partita a poker con Matteo Renzi mentre nell’aula di Montecitorio andava in scena una rappresentazione ben più appassionante, calda e ricca di storia. E quanti, in tutti gli schieramenti, non si sono resi conto di ciò, inevitabilmente gli faranno triste compagnia.
Tolleranza, propensione all’ascolto, primato della riflessione, pacata severità, dignitosissimo riserbo, coscienza specchiata: parte da queste azzeccatissime doti di Sergio Mattarella, oggi non proprio diffuse nel sistema politico italiano, il nuovo servizio alla repubblica e ai cittadini che l’Italia s’aspetta dal Capo dello Stato.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.