Assisi, il vescovo Sorrentino sulle Comunali: “Non ci saranno liste della Chiesa, deve vincere la città”

ASSISI – “Non devono vincere i partiti, deve vincere la Città”. L’appello è stato lanciato oggi dal vescovo di Assisi, monsignor Domenico Sorrentino, in vista delle prossime elezioni comunali. In un documento dal titolo “Per amore del mio popolo”, che ha letto durante la messa nella chiesa di Santa Maria Maggiore per i suoi 15 anni di episcopato, il vescovo ha tracciato una sorta di piattaforma programmatica. “Non ci saranno un candidato o liste della Chiesa” monsignor Sorrentino che ha aggiunto “che le aggregazioni e le alleanze, che talvolta stemperano il profilo programmatico di ciascun candidato, non dovrebbero mai obbedire a pure ambizioni di potere e di poltrone, e comunque non andare mai oltre la soglia della dignità e della coerenza”.
Per monsignor Sorrentino è importante che i cittadini di Assisi “possano scegliere i loro amministratori non sulla base di simpatie, amicizie ed interessi di parte, ma attraverso una responsabile valutazione dei programmi e delle persone, queste ultime giudicate in rapporto alla loro rettitudine e competenza”.
Il presule definisce di Assisi “città missione”, “accogliente”, “per il lavoro e la legalità”, “per la pace”, “per l’ambiente”, “per la vita”, “per la famiglia”.
Proprio sul fronte della famiglia e della crisi della famiglia Sorrentino fa rilevare che “ai fattori di debolezza che da tempo la caratterizzavano, si è aggiunto un orientamento legislativo recente (le “unioni civili”), che lascia, quanto meno, perplessi. Che esistano formazioni sociali di nuovo conio che la politica deve normare, in nome dei diritti della persona, si può comprendere. Che tutte le persone, al di là delle loro tendenze sessuali, debbano essere rispettate nella loro dignità, è fuori questione, e per noi cristiani un principio sacrosanto. Non è invece giustificabile un indirizzo che, nonostante l”ipocrisia delle parole, innova radicalmente il concetto tradizionale di famiglia, intesa come unione a vita di un uomo e una donna in ordine alla comunione reciproca e alla generazione di figli. A chi giova indebolire ulteriormente la famiglia? A chi giova che tanti bambini non possano più dire “papà” e “mamma”? Che cosa ci si può aspettare da nuove generazioni che portino il segno di questa radicale innovazione? La città di Assisi, in nome delle esigenze della ragione e del buon senso, prima ancora che della fede, spenda il suo prestigio mondiale per dare un segnale di resistenza a questa deriva, come ha già fatto in passato con qualche coraggiosa presa di posizione, e soprattutto – conclude il vescovo – ponga in atto iniziative concrete di sostegno alle famiglie e di promozione di una vera cultura della famiglia”.

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